di Giuseppe Schepis, da Sottotiro review n. 8, gennaio1998
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l’immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l’ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l’incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l’epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti.
KARL MARX, Il manifesto del partito comunista
I sistemi sociali umani esistenti sembrano inviare segnali tutti concordi a testimonianza della vittoria filosofica dei valori borghesi. La borghesia – classe sociale e categoria dello spirito – viene dipinta come portatrice di ideali talmente forti da dover necessariamente trionfare su ogni altro modello etico e politico. Questi valori ci pervadono, occhieggiando da ogni cartellone pubblicitario, ipnotizzandoci dalle pagine di ogni giornale e, soprattutto, dal tubo catodico gran sacerdote maestro d’ipnosi.
Analizzando con un minimo di attenzione i messaggi così veicolati, è facile rendersi conto della loro pochezza; perché, dunque, un sistema di valori così misero ha potuto impadronirsi dell’intero pianeta?
Le debolezze e le tare congenite alla classe oggi egemone sono state messe a nudo nelle opere di molti intellettuali durante gli ultimi tre secoli (intellettuali per altro anch’essi borghesi). Soprattutto nella letteratura dell’ottocento – secolo che vede la completa affermazione politica ed economica della borghesia – emerge l’analisi impietosa e l’impietosa condanna di una classe priva di ideali. Due romanzi simbolo di quanto detto possono essere Il Rosso e il Nero di Stendhal e Madame Bovary di Flaubert. Il primo, pubblicato nel 1830, dà il quadro di una società nella quale non si è ancora affermata completamente la borghesia imprenditoriale e che proprio per questo sembra poter ancora avere qualcosa da dire. I personaggi affrescati nell’opera comunque, in comune con quelli del romanzo di Flaubert, appaiono deboli, in balia degli eventi e tesi unicamente alla propria affermazione sociale (Julien Sorel) oppure gretti e ottusi, quasi imprigionati nel loro ruolo di dominio economico (de La Mole); l’unico gesto forte di cui il protagonista risulta capace, segna la sua definitiva sconfitta. Scritto una ventina d’anni dopo, Madame Bovary rappresenta una società che ha già completamente fatto propri i valori del mercato, e descrive minuzio samente le voglie e le miserie della piccola borghesia rurale. I personaggi di questo romanzo anelano le città, l’alta borghesia, l’arrampicata sociale, privi di un’etica o di uno scopo che non sia fittizio; così si dibattono in piccole tragedie, tra sogni fatti di immagini senza contenuto, inutili quanto gli stessi sognatori. Sul finire della vicenda si affaccia un primo attore d’eccezione: il denaro; sarà esso a dirigere gli avvenimenti fino al drammatico epilogo. Gli esseri umani che si muovono nella vicenda sono solo piccoli ingranaggi presi in un gioco che oramai non ha bisogno di motori esterni, capace di alimentarsi da sé, vittime della loro stessa miseria morale. Da qui in avanti non si contano gli autori e le opere che sanciscono la condanna morale della classe dominante e ne rappresentano la decadenza e il tramonto (da Dickens a Mann, da B. Show a Moravia).
Un ulteriore passo per la comprensione della realtà parte dall’analisi del sistema economico in cui la borghesia si muove. Il sistema capitalista ha come unico suo fine quello di aumentare i profitti, perseguendo questo scopo con un aumento della produzione di merci. Il cittadino ideale di questo sistema si definisce consumatore e non uomo, il metro con cui si giudica il successo di un sistema sociale è il prodotto interno lordo e non il benessere psico-fisico o la crescita culturale dei suoi singoli componenti, non il progresso scientifico ma al massimo quello tecnologico che rende più efficente la produzione. La forza peculiare di questo sistema sta nell’essere assolutamente privo di ordine, nello sposare perfettamente la naturale tendenza delle trasformazioni fisiche che vanno verso l’aumento del caos. La produzione ha necessità di consumo, ha necessità di creare e di inseguire bisogni e mode; questa capacità creativa si trasforma in capacità digestiva nel momento in cui all’interno della società nascono germi di contestanzione: due esempi a noi vicini nel tempo sono il movimento hippy, trasformato in consumatori di droghe più o meno leggere e abbigliamento casual e il movimento ecologista trasformato in consumatori di prodotti pseudo-ecologici di vario genere.
Ecco come la borghesia diventa funzionale proprio per merito della sua debolezza. Essa è figlia del sistema economico dominante e contemporaneamente garanzia di prosperità e continuità per questo, allo stesso tempo prodotto e ambiente di coltura ideale per il capitale. Una classe sociale portatrice di valori forti, infatti, mal si adatterebbe ai continui cambiamenti imposti dal mercato e necessari alla sua vitalità; la futilità dei consumi male attecchirebbe su un tessuto sociale sano.
Va detto – infine – che il proletariato, classe che avrebbe dovuto rappresentare il futuro del mondo, la svolta, l’humus dal quale avrebbe dovuto essere generato l’uomo nuovo, ha fallito in ciò che è stato definito “il suo compito storico”, assimilando totalmente (stiamo parlando dei paesi sviluppati) i valori di quello che è stato e continua a essere il suo antagonista sociale.