L’odore del mare a novembre

di Paolo Repetto, 30 ottobre 2019

In certe giornate quasi tiepide e appena ventilate, che rompevano per un breve periodo la cappa novembrina, dalla finestra nuovamente aperta della mia camera entrava un remoto sentore di salmastro. Un misto di marcio e di frizzante, e tuttavia delicato, filtrato dagli aromi delle creste appenniniche, quelle che aveva dovuto superare per giungere fin lì. Ho sempre patito quell’odore, ma solo nel senso che si impossessava di me: non mi disturbava ma mi distraeva, e mi portava lontano nello spazio e indietro nel tempo, magari all’estate appena trascorsa o ai libri di viaggi appena letti. Creava uno stato d’animo malinconico e irrequieto, la sensazione che mi stavo perdendo qualcosa, che quei giorni li stavo sprecando.
Da un pezzo quell’odore non torna: il cambiamento climatico lo ha forse cancellato, oppure l’olfatto strinato dal benzene non riesce più a percepirlo. Eppure, qualcosa che ogni tanto mi pizzica le narici è rimasto: solo l’effetto è diverso. È sufficiente che nelle belle giornate autunnali lasci le mie colline e i boschi, e mi allontani dal rumore di fondo prodotto dal Piota giù nella vallata, bucando in mezz’ora l’Appennino e approdando sulla riviera, per veder dilatati immediatamente a dismisura gli spazi che non ho percorso. E quella visibile e tangibile immensità, non più turbata dalla canea balneare, mi tranquillizza: mi dice che non avrei potuto comunque vedere tutto, conoscere tutto, e mi invita a una sferzata riconoscente nelle acque gelide.
Esiste davvero una memoria dell’acqua, che non è quella millantata dagli omeopati, anche se un po’ le somiglia. Ogni tuffo è un tuffo nel trapassato remoto della specie. Quelli autunnali lo sono anche nel passato prossimo individuale. Rinfrescano la memoria dei sogni, delle nostre speranze estive, ma ci inducono poi a tornare velocemente a riva.

Tutto finì con un autunno mite

Quando ancora c’erano le stagioni (e addirittura le mezze stagioni, con tanto di nebbia in val Padana) e i commessi dei negozi di scarpe non si rivolgevano a clienti dell’età dei loro nonni usando la seconda persona, si ripeteva ogni anno un fenomeno conosciuto dalle nostre parti come “estate di san Martino”. …

Relazione di Spagna

Avevo promesso agli amici una relazione veridica sulla mia scappata in terra ispanica, ed eccomi sollecito all’appuntamento. La butto giù così, a caldo (è proprio il caso di dirlo, date le temperature di Madrid), cercando di non disperdere le impressioni e le suggestioni che si sono affastellate in questi giorni roventi …

Eventi

Non si devon mai scambiare
gamberetti con zanzare. (proverbio africano)
Penso che anche questa meriti d’essere raccontata.
Da qualche anno, verso la fine dell’estate, partecipo ad una passeggiata notturna di otto o dieci chilometri che si svolge nelle campagne attorno a San Salvatore, ogni volta su sentieri diversi. …

Nell’indifferenziato

Mentre svuoto nei cassonetti tre borse di rifiuti (plastica, vetro e carta), e un’altra ne deposito in quello dell’organico, mi sorprendo a considerare la necessità e al tempo stesso la stupidità di questo gesto quotidiano (non è la prima volta, naturalmente, ma oggi mi ci soffermo più a lungo). …

Ma che bella giornata!

Scendo con la borsa dei rifiuti domenicali. Il cassettone della plastica è, come al solito, strapieno. Ai suoi piedi sono depositati una decina di sacchetti o di scatole di cartone stipati di ogni cosa. Faccio quattordici passi e arrivo all’altro contenitore …

Raccontare storie a colori

Durante una delle interminabili passeggiate alessandrine con Mario Mantelli, di ritorno dall’appuntamento rituale delle sedici al Libraccio (accadeva quasi sempre che mi accompagnasse sin sotto casa, e fossi poi io a riaccompagnare lui alla sua, perché non si poteva lasciare il ragionamento a metà) sentii parlare per la prima volta di Michel Pastoureau, …