Libri, cibo, vino e montagna

di Marcello Furiani, novembre 2017da sguardistorti n. 01 – gennaio 2018

Se ci trovassimo all’interno di un motore di ricerca, queste sarebbero le parole chiave per rintracciare e tentare di definire cosa siano stati e in parte siano ancora i Viandanti delle Nebbie: un gruppo di amici di età nemmeno così omogenea che, lontano da riflettori e da istituzioni, hanno dato vita a molti incontri privati e a qualche occasione pubblica.
Difficile definire questo gruppo di persone, animate da un piacere primordiale, quindi naturale di vedersi e di frequentarsi, dall’istintivo disinteresse personale e da autentici interessi culturali in senso ampio, senza discriminazioni ideologiche o snobistiche, ma già da allora radicalmente (in senso etimologico: dalle radici) critico davanti alla restaurazione di un conformismo degradato e generalizzato, alla riduzione di ogni desiderio all’ideologia produttivistico-consumista, al tempo di privazione descritto già da Heidegger e all’ordine orrendo dolorosamente raccontato da Pasolini.
I percorsi personali ed esistenziali degli ultimi vent’anni hanno, com’è ovvio, frapposto distanze, diradato incontri, rarefatto progetti. Un assortimento di disillusioni (che va al di là di quelle strettamente personali, ma concernono la deriva ideologica, politica, etica e culturale degli ultimi vent’anni) ha talora reso il vivere fibroso come un legno di vite e – mi riferisco al il sottoscritto – a volte incupito il pensiero nell’aporia di previsioni fosche e caliginose.
Tuttavia è bastata l’occasione di un caffè preso insieme o di una cena su un tavolaccio di legno a rinnovare lo spirito di quegli anni, a far rifluire energie e idee in cui riaffiora un non spassionato sguardo sui libri e sui viaggi, sulla politica e sulle persone.
Grazie a tutto ciò libri, cibo, vino e montagna non sono solo parole di un motore di ricerca, ma sentieri ancora dotati di senso: come l’ago che raccoglie le maglie di una rete sdrucita ancora elargiscono un qualità ai dirupi della nostalgia, al tempo che si perde come una cosa, a ogni brivido che affretta il sangue.