Storia del logo

di Paolo Repetto, 2016

La storia del logo dei Viandanti merita di essere raccontata. Dunque: siamo nel novembre del novantacinque e i Viandanti delle Nebbie hanno organizzato in Ovada una mostra su Il West nel fumetto italiano, che ospita tra le altre cose una sezione dedicata alle illustrazioni di Renzo Callegari. In occasione della chiusura provo a contattare, (senza molte aspettative ma nemmeno cerimonie, una semplice telefonata da uno sconosciuto) il maestro, che sembra incuriosito e si presenta in effetti puntuale, accompagnato da un paio di allievi della sua scuola di fumetto di Rapallo. Chiusa la mostra, li invitiamo a cenare con noi al Capanno, già all’epoca sede ufficiale dei Viandanti. Devono accontentarsi del menù frugale imposto dalle mie limitatissime capacità culinarie, ma sono immediatamente conquistati dal luogo, che in effetti è suggestivo, e tanto più in una serata come questa. Lo sono però soprattutto dall’atmosfera surreale che si crea da subito, con la complicità degli spaghetti e delle braciole, e più ancora del vino. Callegari è un maestro anche nell’aneddotica, e attorno a mezzanotte abbiamo già tagliato colletti a buona parte del mondo artistico e culturale italiano.
Quando reputo soddisfacente il tasso di “spiritualità” creato dal mio Dolcetto, del quale fa spia una luce rossa sempre più intensa che emana dai volti, prendo il coraggio a due mani: stacco dalla parete una riproduzione del Viandante sul mare di nebbia di Friedrich, prendo un foglio di cartoncino e un paio di pennarelli e li porgo a Callegari, chiedendogli  di ricavare da quella immagine un bozzetto. Accetta immediatamente: sbarazza un angolino del tavolo e si mette a disegnare. Un’occhiata alla riproduzione e parte direttamente col pennarello sottile, viaggiando senza la minima esitazione. Impiega meno di cinque minuti, nel corso dei quali il caos e il vocio della sala si affievoliscono fino a trasformarsi in un silenzio quasi religioso, rotto solo ogni tanto da una risatina soddisfatta di Callegari. Quando mi riconsegna il foglio sono senza parole. Il risultato è quello che potete vedere qui di seguito.
Conservo l’originale come una reliquia, per me vale molto più di un Picasso.  Ho capito quella sera che l’arte è qualcosa che ti corre nelle vene, con o senza l’ausilio del vino, e che non dovevo avere rimpianti per la mia mancata carriera di disegnatore: nelle mie scorre solo sangue, e avrei potuto magari ricopiare il Viandante alla perfezione, ma mai reinventarlo, come ha fatto Callegari. E ho anche capito che si può essere viandanti in molti modi: l’importante è avere coscienza della lunghezza del proprio passo.