Il caldo inverno dell’anarchia

di Paolo Repetto, da Sottotiro review n. 8, gennaio 1998

Ancora una pagina di Hans Magnus Enzensberger? Sì. A volte è inutile scrivere qualcosa di nuovo quando altri hanno già espresso nel migliore dei modi quello che vorremmo dire. È il caso di questo omaggio alla dirittura e alla tenacia dei vecchi militanti dell’anarchia, a coloro che non hanno giocato alla rivoluzione, ma hanno sinceramente creduto in essa e pagato per essa.

Ma questa rivoluzione battuta e invecchiata non ha perduto il suo portamento eretto. L’anarchia spagnola, per la quale questi uomini e queste donne hanno combattuto per tutta la loro vita, non è mai stata una setta al margine della società, una moda intellettuale, un borghese giocare col fuoco. È stata un movimento proletario di massa. Ha meno a che vedere di quanto lascino supporre manifesti e slogan col neo-anarchismo dei gruppi studenteschi attuali. Questi ottantenni considerano con sentimenti contrastanti la rinascenza che le loro idee hanno sperimentato nella Parigi di maggio e altrove. Quasi tutti hanno lavorato con le proprie mani per tutta la vita. Molti si recano ancor oggi tutti i giorni al cantiere, alla fabbrica. Lavorano per la maggior parte in piccole imprese. Con un certo orgoglio dichiarano di non dipendere da nessuno, di continuare a guadagnarsi il pane da sé; e ciscuno di loro è competente nel proprio campo. Gli slogan della “società del tempo libero”, le utopie dell’ozio restano loro estranee. Nelle loro casette non c’è nulla di superfluo; lo sperpero e il feticismo della merce gli sono sconosciuti. Conta unicamnete il valore d’uso. Vivono in una povertà che non li opprime. In silenzio, senza polemica, ignorano le norme del consumo.

Il comportamento del giovani rispetto alla cultura riesce loro sospetto. Non riescono a comprendere lo scherno dei situazionisti per tutto ciò che abbia sapore di “cultura formativa”. Per questi vecchi operai la cultura è qualcosa di buono. E non fa meraviglia, perché per conquistarsi l’alfabeto hanno pagato sudore e sangue. Nelle loro oscure camerette non ci sono televisori, ma libri. Non si sognerebbero neppure di buttare a mare arte e scienza, sia pure di origine borghese. Osservano, senza comprenderlo, l’analfabetismo di una “scena”, il cui significato può cogliersi attraverso i fumetti e il Rock’n Roll. Sorvolano in silenzio sulla “liberazione sessuale”, che prende alla lettera vetusti teoremi anarchici.

Questi rivoluzionari di un altro tempo sono invecchiati, ma non danno alcuna impressione di stanchezza. Non sanno che cosa sia la leggerezza. La loro morale è silenziosa, ma non lasciano spazio ad alcuna ambiguità. Non comprendono più il mondo. La violenza è loro famigliare, il piacere della violenza è invece profondamente sospetto. Sono solitari e diffidenti; ma non appena si superi la soglia che li separa da noi, la soglia del loro esilio, si spalanca un mondo di soccorrevolezza, di ospitalità e di solidarietà. Chi li venga a conoscere si meraviglia di quanto poco siano confusi, di quanto poco siano esarcebati; assai meno dei loro più giovani visitatori. Non sono dei malinconici; la loro cortesia è proletaria. La loro dignità è quella di gente che non ha mai capitolato. Non devono ringraziare nessuno. Nessuno li ha “lanciati”. Non hanno ricevuto nulla, non hanno consumato alcuna sovvenzione. Il benessere non li interessa. Sono incorruttibili. La loro coscienza è intatta. Non sono minimante sfasciati. La loro salute fisica è eccellente. Non sono sbattuti, non sono nevrotici, non hanno bisogno di droghe. Non si commiserano. Non si pentono. Le loro sconfitte non hanno loro insegnato a peggiorare. Sanno di aver compiuto errori, ma non ritirano nulla. Gli antichi uomini della rivoluzione sono più forti di tutto ciò che è venuto dopo di loro.

HANS MAGNUS ENZENSBERGER, La breve estate dell’anarchia

 

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