di Fabrizio Rinaldi, 10 dicembre 2022
Pubblichiamo la trascrizione di un momento dell’incontro “Natura e letteratura”, nell’ambito della mostra “sentieri in utopia“.
Ad avvicinare coloro che sarebbero poi diventati i Viandanti delle Nebbie, prima ancora che nascesse l’amicizia, furono le comuni letture di libri nei quali il rapporto con la natura veniva proposto senza eccessive epiche parolaie. È stato quindi decisivo per ciascuno, oltre alla frequentazione di Paolo, individuare le coordinate per le proprie letture in scrittori che avevano messo al centro della narrazione il rapporto con il bosco, la montagna, il mare o semplicemente con la quotidianità contadina, magari con approcci differenti e in tempi non troppo lontani.
C’era chi si riconosceva nella tendenza di Hemingway a raccontare la lotta con gli elementi e quindi le resistenze, le sconfitte o le pochezze umane. Chi si ritrovava nelle parole di Chatwin, per il quale le descrizioni dello spazio naturale (anche cantato, come per l’Australia) erano l’espediente per indagare la propensione umana all’inquietudine, l’irrequietezza che assale quando si è costretti a sostare in un posto per troppo tempo e a soffocare l’istinto di cercare ciò che sta oltre il conosciuto (magari – come nel suo caso – dormendo a scrocco da amici accondiscendenti). Oppure chi amava i racconti di Conrad e Melville, nei quali le superfici acquee su cui si svolgevano le cacce all’uomo o alla balena permettevano di immergersi nelle linee d’ombra dell’anima. C’era anche chi si immedesimava nel vivere appartato (ma non troppo) di Thoreau, che aveva fatto scuola (wilderness) con la sua propensione a ricaricare i neuroni vivendo nel bosco, eludendo la crescente frenesia della modernità e la compulsione a fagocitare tutto ciò che ci sta attorno, senza badare alle reali necessità.

I miei occhi sono nuovi.
Tutto quello che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m’intenerisce e mi dà gioia.
Personalmente a queste vette della letteratura mondiale accosto due autori italiani. Nelle antologie scolastiche Camillo Sbarbaro è inserito tra i poeti del Novecento con una smilza paginetta e con una poesia dedicata al padre, legata ancora a quella metrica classica che appariva superata rispetto al suo contemporaneo Ungaretti. Traduttore dei classici greci, Sbarbaro ha saputo conciliare una vita estremamente ritirata con le intense amicizie che lo legavano a intellettuali come Montale, Campana e Pound; ma soprattutto inviava e riceveva dagli Stati Uniti dei pacchi contenenti croste secche apparentemente insignificanti, con indecifrabili nomi in latino, tanto che venne indagato dalla polizia fascista per atti ostili al regime. Dietro la sua pacatezza nello stare al mondo celava un’immensa conoscenza del mondo dei licheni. Autodidatta, ne divenne uno dei più importati esperti, tanto che la sua collezione è suddivisa oggi tra il museo di Storia Naturale di Genova e altre collezioni sparse nel mondo. Uno così non poteva non entrare nel novero degli ispiratori del nostro pensiero, per la sua propensione verso le cose insignificanti che gli capitavano e che vedeva. Oltretutto, era stato anche un gran camminatore lungo i sentieri liguri, sempre alla ricerca delle sue amate e naturali esistenze in sordina.
- Il lichene prospera dalla regione delle nubi agli spruzzati dal mare. Scala le vette dove nessun altro vegetale attecchisce. Non lo scoraggia il deserto; non lo sfratta il ghiacciaio; non i tropici o il circolo polare. Sfida il buio della caverna e s’arrischia nel cratere del vulcano. Teme solo la vicinanza dell’uomo. Per questa sua misantropia, la città è la sola barriera che lo arresta. Se lo varca ci rimette i connotati. Il lichene urbano è sterile, tetro, asfittico. Il fiato umano lo inquina.
- Più tardi, preso a mano dalla mia predilezione per le esistenze in sordina, mi volsi a forme più scartate di vita.
- Mi ingombra la stanza, la impregna di sottobosco un erbario di licheni. Sotto specie di schegge di legno, di scaglie, di pietra contiene pocomeno un Campionario del Mondo. Perché far raccolta di piante è farla di luoghi.

Il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari o scritto libri, ma quando sono partito dal Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa. Sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo, riuscire a partire dalla prima linea organizzando lo sganciamento, quello è stato il capolavoro della mia vita.
L’altro mio autore di riferimento è Mario Rigoni Stern. È conosciuto soprattutto per Il sergente nella neve, in cui ha descritto il “capolavoro” della sua vita, l’aver riportato in patria tutti i suoi commilitoni durante la ritirata dalla Russia. Ma al di là di questo ci è affine soprattutto per la denuncia dei dissesti ambientali (quando ancora non era una moda), per le attente descrizioni di ciò che avviene nel bosco, e soprattutto per la corrispondenza fra ciò che scriveva e ciò che faceva: una coerenza esemplare, che quasi metteva soggezione perché presente in ogni suo gesto, a partire da come accatastava la legna o coltivava l’orto.
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Come vivere? Allora questa domanda ce la dobbiamo porre non soltanto alla fine di un millennio, di un secolo, di un anno, ma tutti i giorni, e tutti i giorni svegliandoci, si dovrebbe dire: “Oggi che cosa ci aspetta?”. Allora io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto. Un lavoro ben fatto, qualsiasi lavoro, fatto dall’uomo che non si prefigge solo il guadagno, ma anche un arricchimento, un lavoro manuale, un lavoro intellettuale che sia, un lavoro ben fatto è quello che appaga l’uomo. Io coltivo l’orto, e qualche volta, quando vedo le aiuole ben tirate con il letame ben sotto, con la terra ben spianata, provo soddisfazione uguale a quella che ho quando ho finito un buon racconto. E allora dico anche questo: una catasta di legna ben fatta, ben allineata, ben in squadra, che non cade, è bella; un lavoro manuale quando non è ripetitivo è sempre un lavoro che va bene, perché è anche creativo: un bravo falegname, un bravo artigiano, un bravo scalpellino, un bravo contadino. E oggi dico sempre quando mi incontro con i ragazzi: voi magari aspirate ad avere un impiego in banca, ma ricordatevi che fare il contadino per bene è più intellettuale che non fare il cassiere di banca, perché un contadino deve sapere di genetica, di meteorologia, di chimica, di astronomia persino. Tutti questi lavori che noi consideriamo magari con un certo disprezzo, sono lavori invece intellettuali. - Per diventare amici, prima bisogna annusarsi, come i cani poi, se non ci si è morsi, può nascere l’amicizia.
Con Primo Levi e Nuto Revelli sognava di andare per boschi e montagne, in silenzio. Ecco, credo che non si potrebbe desiderare nulla di meglio che questa visione di sobria eternità: vagare con le persone care facendo esperienze. Era il suo “pensiero anarchico”.

È questo che – istintivamente e senza una dichiarazione esplicita – ispira l’immagine dei due viandanti nella locandina della mostra sentieri in utopia. L’uno indica all’altro ciò che attrae la sua attenzione: in questo caso una luce conduce fuori dalla nebbia, ma da sempre i Viandanti hanno segnalato ai sodali degli “stupa”, quelle letture che sapevano essere di comune interesse. Non è un semplice consigliare libri, ma il desiderio di condividere un percorso da fare assieme, uno accanto all’altro. Per questo la maggior parte delle pubblicazioni dei Viandanti è accompagnata da una bibliografia, e nella rivista “ufficiale”, sguardistorti, la rubrica finale Punti di vista segnala anche i luoghi per i quali vale la pena mettersi in viaggio.


Questa carrellata di “maestri” non può concludersi senza citarne uno di fantasia, il Ken Parker creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo. Lui viveva il west che stava ormai scomparendo, cacciando per sopravvivere e rifiutando un progresso di cui intravvedeva le incongruenze. È lui che ci ha accompagnato durante le escursioni e nelle letture, grazie al fatto che i suoi album sono zeppi di allusioni ai classici della letteratura di viaggio. E poi, era l’unico protagonista del west che pensava prima di premere il grilletto e che la sera, davanti al fuoco, leggeva un libro.

Questi, naturalmente assieme a molti altri, sono stati gli intermediari fra storie personali spesso molto distanti. Senza di loro probabilmente non sarebbe stato intrapreso alcun percorso comune. La loro conoscenza è stata il nostro mezzo per “individuare ciò che non è inferno e dargli spazio”, come direbbe Calvino. E per dare vita a una forma genuina di amicizia.

Faccio una parentesi di commento sulla mostra. L’altro giorno mi sono concesso il privilegio di guardarmela senza che ci fosse nessuno. A dire il vero la possibilità mi è stata data spesso, perché non l’abbiamo promossa nei canali mediatici, non abbiamo fatto comunicati stampa, non abbiamo invitato le rappresentanze pubbliche, ma abbiamo volutamente diffuso l’evento semplicemente con il passaparola tra amici, conoscenti e simpatizzanti del nostro viatico. Risultato? Non l’hanno vista in molti.
È snobismo, questo? Non credo. È semplicemente coerenza con l’intento di raggiungere solo chi è realmente interessato a visioni del mondo magari divergenti, ma accomunate dalla consapevolezza che viviamo in una realtà complessa. E che quindi il pensiero, per coglierla, non può essere semplicistico e sbrigativo: nessuna delle nostre pubblicazioni si potrebbe liquidare con un twitter.
Ebbene, esaminando la mostra mi sono stupito di quanto materiale sia stato prodotto in tutti questi anni. Lo sapevo già, naturalmente, perché ne ho curato la grafica, ma nel vedere esposte tutte assieme le copertine di 79 Quaderni, 31 Album, 30 numeri fra Sottotiro review e sguardistorti, per un totale di oltre 7200 pagine, senza contare un bel po’ di articoli sparsi e i 14 testi della Biblioteca, mi ha impressionato l’incredibile varietà dei temi trattati.
Quella mole di riflessioni e l’idea del tempo che sta alle loro spalle mi ha confermato che i Viandanti hanno occupato una parte importante della nostra vita: di quella di Paolo senz’altro, visto che ha scritto o curato molti di questi testi, ma non solo della sua. Negli anni hanno contribuito in molti, attivamente o come semplici fruitori: e questo ha fatto sì che le nostre pubblicazioni continuino ad essere gratuite e siano stampabili liberamente. Per apprezzarle necessita solo una sufficiente dose di curiosità per ciò che non appare sotto i riflettori dei consueti media.
Si potrà notare che nessuno degli scrittori di cui ho parlato prima è originario dei nostri luoghi: non si tratta di un intenzionale rifiuto del campanilismo. Non ho citato Fenoglio e Pavese, che sono comunque nostri riferimenti imprescindibili, solo perché non volevo farla troppo lunga, e perché in qualche modo li do per scontati, in quanto hanno raccontato colline e storie simili alle nostre. Che è quello che anche i Viandanti hanno cercato di fare, narrando un territorio che viene spesso dimenticato.
Concludo con le parole delle mie figlie che alla domanda su cosa stessimo combinando Paolo ed io nell’altra stanza, risposero: “Stanno facendo la mostra. Si divertono così”. In effetti “divertire” significa volgere altrove, deviare. Ecco, questo facciamo: non marciamo lungo percorsi obbligati, muovendoci in branco verso mete che altri hanno fissato, ma camminiamo di lato, ai margini, pronti a deviare sui sentieri che ci danno maggiore soddisfazione. Quelli anche dell’amicizia, che sono la realizzazione della nostra utopia.









L’albero genealogico dei Viandanti è fittissimo e composito. Risalendo di due secoli (non abbiamo voluto andare oltre, era già abbastanza complicato così) si incontrano un po’ tutte le tipologie e le varietà umane: scrittori, artisti, esploratori, viaggiatori, rivoluzionari, filosofi, storici, fumettisti, ecc…). In un modo o nell’altro coloro che abbiamo rintracciato hanno contribuito a indicare percorsi, a suggerire svolte, a portare ristoro e a orientarci nella nebbia. Non sono gli unici, naturalmente, perché la nostra è una famiglia molto allargata. Potremmo citarne almeno altrettanti, e anzi, quella dei gradi meno prossimi di parentela potrebbe già essere un’idea per una strenna futura.




Ho impugnato il fucile per tutta la vita, eppure, il mio popolo è stato distrutto, la mia sposa torturata a morte…
Garantire la libertà ai lupi significa condannare a morte le pecore.
L’anarchismo è il viandante che va per le vie della Storia, e lotta con gli uomini quali sono e costruisce con le pietre che gli fornisce la sua epoca. Egli si sofferma per adagiarsi all’ombra avvelenata, per dissetarsi alla fontana insidiosa. Egli sa che il destino, che la sua missione è riprendere il cammino, additando alle genti nuove mete.
Questa storia è finita come doveva, con dei vincitori e dei vinti … il mio guaio è che non appartengo né agli uni né agli altri.
Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime. Bisogna che si cambi in esempio.
Quando giunge l’ora in cui la morte comincia a guardarci negli occhi con una certa continuità, e quindi noi lei, se non vogliamo distogliere lo sguardo e far finta che tutto è come prima e non c’è niente da cambiare, la domanda che per pri-ma ci si articola nella mente è: Che cosa rimane?… Rimane, se rimane, quello che si è, quello che si era: il ricordo d’esser stati “belli”, direbbe Plotino… Rimane, se rimane, la capacità di mantenere che ciò che è bene è bene, ciò che è male è male, e non si può fare che sia diversa-mente (e non si deve fare che appaia diversamente).
Le auguro due cose che spesso ostacolano il successo esteriore e hanno tutto il diritto di farlo perché sono più importanti: l’amore e la libertà.
Nella lunga storia del genere umano (e anche del genere animale) hanno prevalso coloro che hanno imparato a collaborare ed a improvvisare con più efficacia.
Tutti sanno che gli animali hanno emozioni e sentimenti, e che prendono decisioni simili alle nostre. Gli unici a fare eccezione, sembrerebbe, sono alcuni universitari. 
La televisione è puro terrorismo. La parola scompare, e con la parola ogni possibilità di riflessione.
Una magica pace vive nelle rovine dei templi greci. Il viaggiatore si adagia tra i capitelli caduti e lascia passare le ore, e l’incantesimo gli vuota la mente di ansie e pensieri molesti e a poco a poco la riempie di un’estasi tranquilla.
Non si parte per andare da nessuna parte senza aver prima di tutto sognato un posto. E viceversa, senza viaggiare prima o poi finiscono tutti i sogni, o si resta bloccati sempre nello stesso sogno.
L’unica vera sorgente dell’arte è il nostro cuore, il linguaggio di un animo infallibilmente puro. Un’opera che non sia sgorgata da questa sorgente può essere soltanto artificio.
Perché, mi son sovente domandato, scegli sì spesso a oggetto di pittura la morte, la caducità, la tomba? È perché, per vivere in eterno, bisogna spesso abbandonarsi alla morte.
Il fascismo è il governo che si merita un’Italia di disoccupati e di parassiti ancora lontana dalle moderne forme di convivenza democratiche e liberali, e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale, dell’economia come delle coscienze.
Quando parlo con un uomo, non ho bisogno di guardarlo per seguire esattamente quello che dice; sento subito se egli mi dà a bere qualche cosa o me ne nasconde qualche altra; la voce, credetemi, è un apparecchio pericoloso
Provo un sentimento d’amicizia verso i maiali in generale, e li considero tra le bestie più intelligenti. Mi piacciono il temperamento e l’atteggiamento del maiale verso le altre creature, soprattutto l’uomo. Non è sospettoso o timidamente sottomesso, come i cavalli, i bovini e le pecore; né impudente e strafottente come la capra; non è ostile come l’oca, né condiscendente come il gatto; e neppure un parassita adulatorio come il cane. Il maiale ci osserva da una posizione totalmente diversa, una specie di punto di vista democratico,
Ci sono popoli più acculturati, avanzati e nobilitati dall’educazione di altri, ma non esistono razze più valide di altre, perché sono tutte egualmente destinate alla libertà.
L’evoluzione non è lenta e uniforme come si vuol sostenere. Evoluzione e rivoluzione si alternano, e le rivoluzioni – i periodi cioè di evoluzione accelerata – appartengono all’unità della natura esattamente come i periodi in cui l’evoluzione è più lenta.
La cultura in cui prevale una religione della morte o anche una religione dei morti esemplari. La cultura in cui si dichiara che esistono valori non discutibili, indicati da parole con l’iniziale maiuscola, innanzitutto Tradizione e Cultura ma anche Giustizia, Libertà, Rivoluzione. Una cultura insomma fatta di autorità e sicurezza mitologica circa le norme del sapere, dell’insegnare, del comandare e dell’obbedire. La maggior parte del patrimonio culturale, anche di chi oggi non vuole essere affatto di destra, è residuo culturale di destra.
Il problema è che i socialisti hanno sempre nutrito una fiducia incondizionata nella razionalità degli uomini.
Lo Stato non è qualcosa che si può distruggere con una rivoluzione, dato che esso esprime una condizione, una certa relazione tra gli esseri umani, una modalità del comportamento umano; lo possiamo distruggere solo contraendo altri tipi di relazioni, assumendo altri tipi di comportamento.
Passeggere: Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?”
Non era della loro tribù, non poteva parlare il loro gergo, non poteva far finta di essere come loro. La maschera sarebbe stata scoperta e, per altro, le mascherate erano estranee alla sua natura.
Noi non possiamo vivere soltanto per noi stessi. Le nostre vite sono connesse da un migliaio di fili invisibili, e lungo queste fibre sensibili, corrono le nostre azioni come cause e ritornano a noi come risultati. 

La via più difficile alle cime più difficili è sempre la cosa giusta da tentare, mentre i pendii di sgradevole pietrisco vanno lasciati agli scienziati. Il Grépon merita di essere salito perché da nessuna altra parte l’alpinista troverà torrioni più arditi, fessure più selvagge, precipizi più spaventosi.
Sapere dove andare e sapere come andarci sono due processi mentali diversi, che molto raramente si combinano nella stessa persona. I pensatori della politica si dividono generalmente in due categorie: gli utopisti con la testa fra le nuvole, e i realisti con i piedi nel fango.
Quelli che sognano ad occhi aperti sono pericolosi, perché non si rendono conto di quando i sogni finiscono.
L’Anarchia è la più alta espressione dell’ordine. 
I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia.
Domando tante volte alla gente: avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. È uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura.
Il tempo, nella vita di un uomo, non si misura con il calendario ma con i fatti che accadono; come la strada che si percorre non è segnata dal contachilometri ma dalla difficoltà del percorso.
Mio caro Mandibola – diceva quasi sempre Farandola terminando – abbandono definitivamente ogni idea di riforma sociale, e mi lancio con tutte le vele spiegate, nella più vasta industria. Gli affari, il commercio, ecco ciò che mi occorre; e dal momento che le grandi imprese sono necessarie alla mia salute, avanti con le gigantesche speculazioni commerciali! 
Io sono una specie di paranoico alla rovescia. Sospetto le persone di complottare per rendermi felice.
La più spiccata differenza tra la felicità e la gioia è che la felicità è un solido e la gioia è un liquido.
Se potessi promettere qualcosa
Il mondo è una sintesi delle nostre sensazioni, delle nostre percezioni e dei nostri ricordi. È comodo pensare che esista obiettivamente, di per sé. Ma la sua semplice esistenza non basterebbe, comunque, a spiegare il fatto che esso ci appare.
Camminare è l’attività più libera e indipendente, niente vi è di peggio che star seduti troppo a lungo in una scatola chiusa. 

Tutta la metafisica è un ramo della letteratura fantastica.
Non chiedo ricchezze, né speranze, né amore, né un amico che mi comprenda; tutto quello che chiedo è il cielo sopra di me e una strada ai miei piedi.
Non c’è valore nella vita eccetto ciò che scegli di mettere in essa e nessuna felicità in nessun posto eccetto ciò che gli apporti tu.
Scrivere significa svolgere un ragionamento che deve servire a illuminare un problema e a convincere delle intelligenze. Senza esibizioni, senza narcisismi, senza trucchi o effetti speciali. Seguendo la logica e le procedure della ragione, senza gli orpelli della retorica e senza gli appelli alle emozioni. Chi scrive offre al lettore la propria coerenza di ragionamento e lo invita ad analoga coerenza.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all’infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere?


Questa progressione, per piccoli passi, in varie direzioni, ma sempre controllata ed equilibrata dalle condizioni necessarie, soggette alle quali solo l’esistenza può essere preservata, può, si crede, essere seguita in modo da concordare con tutti i fenomeni presentati da esseri organizzati, la loro estinzione e successione nelle epoche passate, e tutte le straordinarie modificazioni di forma, istinto e abitudini che esibiscono.





Era Camillo Sbarbaro: traduttore, poeta e scrittore che nemmeno nella smania odierna di celebrazioni anniversarie, è stato oggetto di particolari attenzioni, malgrado ricorressero i cinquant’anni dalla morte (avvenuta nell’ottobre 1967). E nemmeno ci sono state riedizioni dei suoi scritti.