di Paolo Repetto, 20 dicembre 2018 – vedi Album I colori di Cesare Maggi
Per fortuna esiste anche il silenzio, quello di e quello su Cesare Maggi (1881-1962). Un silenzio che ci consente di gustare ancora il piacere e la magia della scoperta.
Maggi non è un artista vissuto nell’ombra, nel 1912 a Venezia gli era stata dedicata una intera sala dell’Esposizione Internazionale: ma nell’ombra c’è tornato quasi subito per non aver imboccato nel primo dopoguerra la strada della sperimentazione. E meno male. Probabilmente avremmo avuto un anonimo gregario in più e avremmo perso uno splendido paesaggista. Per i suoi soggetti, e per come li interpreta, Maggi si candida ad essere il riferimento artistico ideale per i Viandanti delle Nebbie. Le montagne, la neve, il silenzio appunto, senza eccessive concessioni a tormenti spirituali interiori. La neve e le montagne come abbiamo sempre sognato di trovarle e di vederle: per come stanno lì, intatte, a offrirci un immediato senso del vivere, anziché a caricarci di altri interrogativi.
Non cercate sul web recensioni critiche sulla sua arte. Non ne troverete. Ci sono invece le sue opere, e tante. Qualcosa dovrà pur significare.
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