2. Il filo di Arianna

di Marco Moraschi, 28 settembre 2018, da sguardistorti n. 04 – ottobre 2018

Al di là di un eventuale futuro distopico in cui sia possibile salvare la propria “coscienza” (qualunque cosa essa sia) sul cloud, come nel caso del libro citato da Edoardo, le implicazioni del ricambio delle parti che costituiscono un “tutto”, e che ne determinano il suo essere “originale”, sono forse più attuali di quanto possa sembrare in prima istanza. Mi vengono infatti in mente due condizioni normalissime della natura umana: la crescita e il ricambio cellulare. Quando guardiamo una foto di noi da bambini, stiamo guardando la foto di un organismo totalmente diverso da noi, nell’aspetto, nella composizione e nell’interazione delle sue parti. Il nostro corpo cambia forma e sostanza più volte nel corso della vita, l’Io bambino è diverso dall’Io adolescente, così come l’Io adulto è diverso dall’Io vecchio. È per questa ragione che, a mio avviso, non esiste una definizione univoca di morte (evidentemente non intesa in senso medico), in quanto un individuo muore più volte nel corso della sua vita e l’ultimo passo, quello definitivo, quando cioè ogni sospiro di vita cellulare svanisce, non è altro che un ulteriore gradino di un naturale processo che giunge a compimento e che si è in realtà verificato più e più volte. Il mio Io bambino, pestifero e agitato, è svanito ormai da molto tempo e, seppure non sepolto in qualche luogo, è certamente morto e defunto, senza che nessuno ne senta la mancanza come si fa con la perdita definitiva di una persona cara. Osservate che è morto non solo in senso “allegorico”, ma anche in senso fisico. Come spiega il professor Paolo Piton, docente di patologia generale all’Università di Ferrara: “In un essere umano adulto ogni giorno muoiono dai 50 ai 100 miliardi di cellule. In un anno la massa delle cellule ricambiate è pari alla massa del corpo stesso. Ma in un organismo, non tutte le cellule hanno la stessa durata di vita: in un corpo umano le cellule della pelle vivono in media 20 giorni, quelle dell’intestino 7 giorni, i globuli rossi 120 giorni, quelli bianchi 2 giorni e le cellule neuronali e muscolari per tutta la vita. […] Ogni giorno si ha quindi un ricambio cellulare perpetuo, con cellule giovani che vanno a sostituire quelle vecchie”.

Ogni traccia di ciò che ero 15 anni fa o più è pressoché svanita, in un ricambio delle parti che ricorda quello della nave di Teseo. Si può dire che io sia la stessa persona? Il Marco dei 4 anni è lo stesso di quello dei 24 anni? Si potrebbe obiettare che, come fa notare il professore, le cellule nervose e cognitive ci accompagnano per tutta la vita. In realtà, però, se ci pensate bene, un organismo è una cooperazione di cellule specializzate che lavorano insieme per un fine comune. Se pensate a un computer forse può essere più semplice capire ciò che intendo. Il PC sul quale sto scrivendo è composto da milioni di celle di memoria, da varie parti, dalla tastiera allo schermo, che lavorano insieme sotto la guida (pessima) di Windows 10. Se io decidessi di installare un altro sistema operativo, per esempio Ubuntu, il mio computer sarebbe formato dalle stesse parti di prima, che collaborano in maniera simile, ma differente rispetto a quanto facevano con il sistema operativo di casa Microsoft. Il mio computer, in quel caso, sarebbe lo stesso di prima? Così i miei neuroni sono connessi da sinapsi che permettono lo scambio di informazioni sotto forma di impulsi elettrici. Gran parte delle sinapsi presenti nel mio cervello all’età di 4 anni sono ormai mutate: alcune sono svanite, altre si sono rinforzate e altre ancora sono invece nate. Se quindi, come ha detto bene Edoardo, la coscienza altro non è che “un modo di reagire agli stimoli esterni determinato, in modo molto prosaico, da una combinazione di sostanze chimiche in varie proporzioni, e dalla presenza di una struttura che ha molto più in comune con la meccanica di quanto non abbia con la concezione cristiana dell’anima”, del mio Io bambino non solo non è rimasto più il corpo, ma nemmeno la coscienza. Sono quindi già morto almeno una volta, senza rendermene conto. Cos’è che fa di me sempre me stesso? Non lo so, Saramago diceva “dentro di noi c’è una cosa che non ha nome, e quella cosa è ciò che siamo”. Voi cosa siete?

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