di Paolo Repetto, 2010
Le vespe sono tornate a nidificare nella mia libreria. Accade da cinque o sei estati, prima non si era mai verificato. Probabilmente ne è entrata una per caso, ha apprezzato l’ambiente e lo ha comunicato alle altre. Le vespe, a differenza dei cristiani, comunicano molto e hanno una formidabile memoria della specie. Magari si tratta delle discendenti di quella prima esploratrice, immigrate di terza, quarta o quinta generazione, che ormai considerano casa mia anche la loro e ad onta di tutte le ispezioni ed espulsioni periodiche ritengono sia il posto migliore dove mettere su famiglia. Non c’è verso a dissuaderle, bisognerebbe blindarsi in casa e francamente non ne vale la pena.
Sono un po’ diverse dalle altre, ma non credo si tratti di una specie mutante, che ha deciso di fare il salto finale dalla natura alla cultura attaccandosi ai libri. Si infilano anche nei pensili della cucina o nell’armadietto del bagno, dentro barattoli vuoti e persino nei fustini del detersivo. Cercano l’ombra e la tranquillità, quindi nello studio nidificano di preferenza dietro i libri, tra questi e il muro.
Sono incredibilmente laboriose, vanno avanti e indietro tutto il giorno raccogliendo terriccio o fango nel giardino e trasportandolo al secondo piano con una sorta di carrello posteriore. Non ho capito se quelle addette alla manovalanza sono le femmine o i maschi: in effetti le lavoratrici sono diverse dalle vespe consuete, sono più sottili, nere e hanno uno strano doppio addome. Quelle normali vengono in avanscoperta, ronzano su e giù, individuano la zona e tornano fuori a comunicare l’inizio lavori. Le une e le altre sono assolutamente pacifiche, pensano ai cavoli loro e non reagiscono neppure quando le si scaccia. Fanno un giro e tornano daccapo. Costruiscono bozzoli grandi come un’oliva e pressappoco della stessa forma, grigi e duri come fossero di cemento. Dentro ci sono larve, ragnetti, porcherie varie. Si attaccano di preferenza al fianco anteriore dei libri, così da lasciare, quando si rimuove il bozzolo, uno sgradevole alone grigiastro che deturpa le pagine.
Quest’anno le ho lasciate un po’ fare, e ho provveduto al risanamento solo a fine estate. Ho potuto così verificare quali sono le loro preferenze. In assoluto prediligono la narrativa, forse per la dislocazione degli scaffali, sottratti alla luce diretta del sole. Ma c’entra anche il tipo di edizione. Scelgono di preferenza quelle rilegate, perché lasciano uno spazio tra le pagine e il muro, e sembrano particolarmente soddisfatte dalla qualità della carta dell’editore Casini, i grandi classici. Devono avere origine anglosassone, perché hanno nidificato particolarmente nei settori della letteratura americana e inglese. In assoluto ha trionfato la Mansfield, con otto bozzoli attaccati in bella fila: una vera e propria comunità. Ma anche Mark Twain e Poe hanno ricevuto molti consensi. Tra i francesi il preferito è Balzac, e non c’era da dubitarne. Evitati in assoluto russi, scandinavi e tedeschi (le vespe non amano i climi rigidi e le atmosfere che ne conseguono). Nel versante saggistica è rimasta intonsa la filosofia, qualche insediamento sporadico in sociologia, poco frequentata la storia, probabilmente perché è il settore dove pesco più frequentemente e creo disturbo.
Ho lavorato mezza giornata a rovesciare libri, a staccare bozzoli e a cercare di ovviare agli aloni rimasti. Era necessario, ma in fondo mi è spiaciuto. In questo periodo le vespe sono le pressoché uniche frequentatrici della mia biblioteca, e non vorrei scoraggiare anche loro.