di Paolo Repetto, 2008
Fingiamo uno scenario da “Invasione degli ultracorpi”, con gli alieni che vogliono impadronirsi della terra. Fossi in loro, sceglierei di partire dall’Italia, non perché ci sono il sole, la pizza, il PD e il papa, ma perché anche nello spazio sanno che qui si entra e si esce che è una meraviglia, e nessuno ti dice niente. Ora, mettiamo che prima di procedere all’invasione i nostri vogliano conoscere usi e costumi degli umani, e degli italiani in particolare. Per informarsi si rivolgerebbero, come giusto, ai mezzi di informazione: quindi leggerebbero i giornali, seguirebbero (con un po’ di fatica) la tivù e navigherebbero su Internet. Da bravi esseri superiori punterebbero soprattutto alle notizie riguardanti la scuola, perché questa offre il migliore spaccato di una società, oltre a costituire probabilmente l’ambiente più favorevole ad una infiltrazione clandestina. E qui rimarrebbero sconcertati.
A conoscerla attraverso i media, infatti, la scuola italiana appare come una sorta di girone infernale, popolato da mandrie di studenti idioti che vessano i compagni e filmano ogni loro bravata e da insegnanti non meno storditi che li lasciano e si lasciano filmare. I nostri studenti, a differenza delle squadre di calcio, delle scuderie motoristiche e delle pallavoliste, non vincono mai un accidente, e si piazzano anzi buoni ultimi in qualsivoglia campionato, europeo o mondiale. Il sistema scolastico stesso appare come un cantiere sempre aperto alle alzate d’ingegno di ministri che vogliono lasciare un segno del loro passaggio, e fanno e disfano ad ogni volgere di legislazione.
Non ci meraviglieremmo se a questo punto i poveri alieni cominciassero a dubitare dell’opportunità dell’invasione, e a guardarsi attorno per scegliere un altro paese, o forse un altro pianeta. Ma diamo loro credito: sono sì un po’ lunatici, ma non sono degli stupidi, e magari prima di lasciar perdere vorrebbero andare un po’ più a fondo, ignorando la cagnara mediatica ed entrando direttamente nelle scuole (e infatti, il sospetto che già lo stiano facendo qualche volta nasce …).
Bene, cosa troverebbero? Troverebbero ad esempio che non è poi così vero che gli studenti italiani siano i peggio preparati del pianeta, dal momento che quando vanno a completare gli studi all’estero e si confrontano con i coetanei di altri paesi (e soprattutto di quelli più sviluppati) scoprono di possedere una preparazione decisamente più ampia ed approfondita. E che i loro insuccessi nelle diverse prove comparative internazionali dipendono forse in primo luogo da come queste prove sono impostate, perché se ti alleni per la maratona hai poi qualche difficoltà a tenere il passo degli altri sui cento metri. Ma, primo, non è detto che i cento metri siano una disciplina atleticamente superiore alla maratona, e debbano costituire il parametro unico delle capacità: soltanto, sono una cosa diversa. Secondo, se si dedicano servizi di due facciate o quarti d’ora di notiziario ad ogni deficiente che allaga un cesso e si ignorano le medaglie d’oro in matematica, che pure ci sono, è difficile dare un’immagine meno disastrata.
Sempre più perplessi, gli aspiranti invasori troverebbero poi che la norma della vita scolastica non è affatto quella raccontata dai media, e che per ogni imbecille che filma le sue bravate e per ogni insegnante che lo lascia fare ci sono centinaia di migliaia di studenti e decine di migliaia di insegnanti che fanno, chi più chi meno, il loro dovere, dei quali non si parla mai perché la quotidianità positiva non fa né notizia né spettacolo.
Troverebbero che ogni giorno si ripete il miracolo di bambini, di ragazzi, di adolescenti che a blocchi di decine per classe e di centinaia per istituto convivono pacificamente, si rapportano tra loro e con gli insegnanti più civilmente di quanto non facciano i rappresentanti del paese in parlamento, stanno al loro posto per cinque o sei ore, o almeno per un bel po’ delle stesse, ascoltano, lavorano, prendono appunti, si cimentano in verifiche, rispondono se interrogati, e perlopiù tacciono quando viene loro richiesto. Il che dovrebbe apparire miracoloso non solo agli alieni, ma anche a quei troppi genitori che non riescono ad ottenere dai loro figli, e cioè da un singolo ragazzo, un secondo di attenzione, una risposta che non sia un grugnito e un briciolo di rispetto, salvo poi scaricare sulla scuola la responsabilità di una educazione che non c’è perché non sono stati in grado o non hanno avuto il tempo di impartirla.
Insomma, i nostri amici troverebbero un sacco di cose interessanti, ma molto diverse da quelle reperibili sui giornali.
Se poi scegliessero per loro missione spionistica proprio il “Doria-Boccardo” di Novi, avrebbero altro di cui stupirsi. Incontrerebbero ad esempio giovanotti e signorine tra gli undici e i vent’anni provenienti dai quattro angoli del mondo, allevati in lingue e tradizioni e religioni diverse, che non solo convivono senza spargimenti di sangue ma collaborano, scherzano, studiano, discutono, magari fanno magno, di comune accordo, e non danno spazio a nessuna manifestazione, né strisciante né eclatante, di razzismo: giovani che pur conservando la loro identità culturale non la usano come scudo, ma la mettono in gioco nel confronto. Ragazzi normalissimi, beninteso, lavativi a volte quanto basta, inclini come tutti gli studenti ad entrare un momento dopo e magari ad uscire un’ora prima, e a far slittare verifiche e interrogazioni; ma dediti, invece che a scannarsi vicendevolmente, ad aiutarsi, invece che a massacrare i loro compagni disabili, ad integrarli e a farli sentire protagonisti, invece che a scaricare immondizia sul Web, a lanciare messaggi di solidarietà semplici e genuini. Se i nostri visitors vedessero i due minuti e mezzo dello spot prodotto da questi ragazzi, quello che li ha portati ad essere premiati in un concorso nazionale sull’educazione alla legalità del quale nessun quotidiano o telegiornale ha pensato di dover dare notizia, beh, forse una mezza voglia di infiltrarsi proprio a partire di qui gli tornerebbe. O forse sono io a non essermi accorto di nulla, forse fuori la verità è davvero quella dei giornali, e quelli che incontro e che saluto qui dentro tutti i giorni sono già degli ultracorpi.