di Paolo Repetto, 18 maggio 2020 – vedi l’Album
Diversamente dagli altri artisti che siamo soliti presentare, Johann Wilhelm Schirmer (1807 – 1863) non era né un genio né un disadattato o un alienato mentale. Non ha lasciato opere che facciano gridare al capolavoro, che stupiscano, che aprano all’espressione artistica nuove strade. Era un onesto, scolastico, pittore di transizione: che non significa però modesto. La sua vita stessa e la sua carriera sono in tal senso esemplari. Figlio d’arte, passò dagli studi all’Accademia all‘insegnamento nella stessa, intervallato solo dai viaggi di prammatica in diversi paesi europei, compresa naturalmente l’Italia. Nulla di strano o di eclatante. Eppure, dopo quasi due secoli i suoi paesaggi procurano ancora piacevoli suggestioni,
anche se i nostri palati sono ormai educati a sapori diversi. Sono gradevoli, non stancano, si abbinano senza sforzo ad ambienti eterogenei. Rientrano in una concezione “decorativa” che all’arte è sempre stata propria, a dispetto di tutte le valenze eversive e rivoluzionarie delle quali quest’ultima è stata caricata. Ma soprattutto, documentano in maniera molto eloquente il passaggio dal primo romanticismo, quello di Caspar David Friedrich, mistico e tenebroso, ad una visione più pacificata e neutrale della natura e del mondo.
Un’epoca la si capisce meglio attraverso ciò che appaga il suo gusto, ciò di cui ama circondarsi, che da mille testimonianze dei suoi artisti di punta. A differenza dei suoi contemporanei inglesi, come Turner o come Constable, per intenderci, Schirmer dipinge paesaggi incontaminati e tranquilli, nei quali la presenza umana ha scarsissimo rilievo: e non sono scenari filtrati dalla nostalgia, perché è ancora ciò che nella Germania del suo tempo si poteva vedere. La memoria, il rimpianto, saranno introdotti solo dai suoi allievi. Schirmer fu infatti un ottimo maestro, e lo dimostra il fatto che abbia trasmesso la stessa padronanza tecnica ad allievi completamente diversi come Arnold Böcklin, e Oswald Achenbach, che ne fecero tesoro e la usarono poi per esprimersi in direzioni opposte.
Ci sembra giusto rendere omaggio, ogni tanto, alla professionalità: chi fa bene il proprio lavoro partecipa comunque alla costruzione di un mondo migliore. Schirmer il suo contributo lo ha dato: e a un paesaggio dei suoi, di piccolo formato, nel mio studio riserverei un posto d’onore.