di Paolo Repetto, 30 aprile 2021, appendice a Reazioni acide (2016)
Eccolo. Non ho saputo resistere. Una bozza di catalogo alla fine l’ho redatta. Confesso che un po’ mi vergogno, perché a questo punto rischio di rientrarci di diritto: ma mi ha divertito riconoscere nelle diverse fenomenologie un sacco di conoscenti. Penso che tutti possano farlo, magari guardando anche a se stessi. Potrebbe riuscire salutare. E allora inserisco il catalogo a parte, come appendice. Chi ritiene sia un esercizio decisamente stupido può evitare di leggerlo.
Una cosa però vorrei chiarire. Si tratta di un divertissement alla francese, che significa parlare d’altro, uscire un po’ dal seminato, non di un divertimento all’italiana: non c’è niente di umoristico nell’ignoranza.
E adesso, via col catalogo.
- a) Si può partire dalle forme di ignoranza “storiche”, quelle proprie di ogni tempo e paese. La manifestazione più comune è quella che abbiamo già incontrata. Potremmo definirla ipocrita, perché si maschera di una disarmata umiltà (Sai, sono ignorante!) ma in realtà significa: La stai prendendo troppo alta, non è il caso e non mi interessa. É la determinazione a vivere la propria ignoranza come un alibi, invece che come stimolo ad una maggiore conoscenza (che già è assicurata dal solo mettersi in discussione), e gioca d’anticipo. In qualche caso diventa anche sarcastica: “Accidenti, che discorsoni!”, mi sono sentito dire a commento del fatto che parlando di un film western mi era scappato di tirare in ballo Kant. Sembra una stupidaggine, ma il tono la dice lunga.
- b) C’è l’ignoranza tignosa. Il tignoso non ha una vita e una via propria, campa degli errori altrui. Può apparire una forma anomala di ignoranza, perché per cogliere gli errori occorre conoscere la versione giusta: ma anche l’uso non corretto e non propositivo della cultura è ignoranza. Il tignoso gioca un’eterna partita a scacchi tutta in difesa, non azzarda una mossa ma aspetta di prenderti in castagna, approfittando del fatto che ogni tanto (o molto spesso) puoi contraddirti, o spiegarti male. Si può anche arrivare alla tignosaggine storica: Ma tu, nel 1970 hai detto che … dimenticando che probabilmente hai pensato qualcosa di diverso a trenta, a quaranta, a sessant’anni. La cosa potrebbe in fondo vellicare la nostra vanagloria: ma allora, se ricorda ancora cose che io ho dimenticato, significa che mi ascoltava. Forse, ma solo per riporre le nostre parole in un cassetto, aspettando il momento per sbattercele in faccia.
- c) C’è l’ignoranza invadente. Al polo opposto di quella ipocrita. È quella di chi sa già tutto, di qualsiasi cosa si parli. In versione soft può essere a volte persino divertente (ma alla lunga, meno). Ricordo un amico al quale bastava sentir citare il titolo di un film, un modello d’auto, una località sperduta, perché ti raccontasse la trama o ti fornisse una carta tecnica con recensione critica incorporata, senza mai averli visti. Alla fine inventavamo film o viaggi esotici solo per godere del suo enciclopedico sapere. La versione intermedia è costituita da quello che non interviene ma ammicca con sufficienza, a significare “ma si, cosa mi stai a raccontare, sono cose scontate e risapute”. E c’è infine la versione pesante, quello che non ti lascia nemmeno finire e parte in quarta a sciorinarti la sua versione, naturalmente più aggiornata della tua, e definitiva, magari intercalando ogni tanto con un: “Ma, attenzione …”, per ammonirti a non perdere una sillaba del verbo e a sforzarti di capire qualcosa che è un po’ al di sopra delle tue possibilità.
- d) C’è l’ignoranza ieratica. È tipica di coloro che hanno trovato “la verità”, e non sentono il bisogno di cercare oltre. Se ne fanno sacerdoti. A volte sono invadenti, ma in genere sono condiscendenti: guardano con commiserazione chi ancora si attarda lungo la via. Sono gli integralisti di qualsiasi causa, religione, ideologia, dieta alimentare. Con loro non c’è possibilità di comunicare, si ricevono solo rivelazioni.
E queste riassumono le manifestazioni più classiche. La fenomenologia dell’ignoranza si è però molto arricchita negli ultimi tempi, con nuovi ingressi o con l’esplosione di vecchie abitudini che una volta rimanevano al coperto.
- e) C’è ad esempio una ignoranza sospettosa. Quella di chi sospetta di tutto, tranne che della propria ignoranza, ed è quindi portato a leggere in qualunque cosa tu dica il tentativo di dargli in qualche modo una fregatura. È una tipologia da sempre diffusa, ma oggi conosce un fortissimo incremento, soprattutto tra le persone che arrivano a ricoprire ruoli per i quali non sarebbero assolutamente adatte. C’è un vero e proprio modello “manageriale” creato dalle nuove scuole di settore, che inculcano la convinzione che si viva in una gabbia e si debbano sbranare gli altri per non essere sbranati. Quindi, quanto più hai coscienza negativa della tua inade-guatezza, tanto più devi aggredire ogni interlocutore e creare astio e competizione tra gli altri.
- f) Rientrano nella casistica precedente, ma meritano una citazione a parte, i parenti poveri dei “maestri del sospetto”. I rappresentanti dell’ignoranza complottista. Sono coloro che scorgono ovunque indizi di un complotto a livello mondiale, ordito di volta in volta da lobbies plutocratiche, dai Savi di Sion, dagli extraterrestri infiltrati nelle banche, nei parlamenti, nei giornali o nelle scuole. Insomma, tutti quegli idioti che la cultura del web ha moltiplicato in maniera esponenziale, e proprio attraverso la rete hanno trovato ultimamente dei veicoli di aggregazione e di pseudopresenza politica. Un tempo erano remissivi, cullavano le loro fantasie nel privato o in piccole cerchie, leggevano Peter Kolosimo o Il mattino dei maghi e finiva lì (con qualche scantonamento nelle formazioni di estrema destra). Ora, trovata la via democratica del web, alzano la testa e si sfogano sparando insulti e scemenze sui social.
- g) C’è una un’altra particolare forma di ignoranza di matrice ideologica, parente della precedente, e apparentemente residuale, perché potrebbe essere definita “di sinistra”. È caratterizzata dal rifiuto di vedere la realtà delle cose, o di vederla sempre con gli occhiali dell’ideologia, e si è creata uno zoccolo duro nel secondo quarto del secolo scorso, dopo la rivoluzione russa e ai tempi di Stalin, con qualche strascico sino agli anni ottanta. A posteriori riesce difficile pensare come si siano potute avvallare tante porcate, ma in qualche misura è anche comprensibile, se non giustificabile. C’era almeno un’idea, per quanto confusa, alla quale tutto, compreso il buon senso e la verità, andava sacrificato.
L’ignoranza ideologica odierna invece giustificazioni non ne ha proprio, un po’ perché volendo le informazioni giuste si possono trovare, un po’ perché sembra una determinazione a non sapere per potersi attaccare a qualche slogan o bandiera e non prendersi la responsabilità di pensare. È particolarmente irritante perché appartiene soprattutto ai più giovani (negli anziani non dà più nemmeno scandalo, è solo patetica), usa un linguaggio obsoleto, ha adottato come forme di lotta l’irriverenza e lo sballo.
- h) C’è un’ignoranza semplicemente maleducata. L’ignorante maleducato tipo è quello che pone la domanda e non ascolta la risposta: i modelli di riferimento sono l’intervistatore televisivo o il partecipante ai dibattiti. È una tipologia oggi diffusissima, che presenta almeno tre varianti principali. Ci sono interlocutori che hanno un loro discorso da fare e considerano il tuo come un trattino o un segno di interpunzione, per cui riprendono imperterriti da dove si erano interrotti per respirare. Ci sono poi quelli che si guardano attorno, metaforicamente e non, per vedere se stanno al posto giusto, se sono “inquadrati”. Accade di norma in occasione di conferenze cui “segue dibattito”, di Eventi con la maiuscola che danno punteggio per la sola presenza, ma lo raddoppiano se è una presenza “attiva”. Infine ci sono quelli che, ad esempio nel mezzo di quella che dovrebbe essere una conversazione allargata, non solo mandano saluti e sorrisi alla platea, ma smanettano sullo smartphone, controllano il telefonino ed eventualmente messaggiano,
- i) Un’altra tipologia, anche questa decisamente nuova e in espansione esponenziale, soprattutto tra i più giovani, è quella dell’ignoranza tecnologica. Riguarda la capacità di usare strumentazioni sofisticatissime, con potenziali teoricamente illimitati, senza uno straccio di idea di cosa farne. Non mi riferisco solo ai ragazzi (ma anche agli altri) che rimangono incollati tutto il giorno al display o al monitor, ma anche a livelli professionali. Ho avuto recentemente esperienza con una troupe televisiva armata di uno strumentario che avrebbe fatto invidia a Cecil De Mille, e incapace totalmente di rendersi conto cosa valesse la pena inquadrare (ma erano convinti di saperlo benissimo, di sapere cosa voleva il pubblico, e in questo stava la loro arroganza). È un risultato del passaggio dall’usare lo strumento al mettersi al servizio dello strumento.
Non voglio però rubare tutto il divertimento. La mia ricreazione è terminata, e con essa il mio catalogo. Consideratelo un’opera aperta. Adesso sbizzarritevi un po’ anche voi.

