di Paolo Repetto, 17 ottobre 2020 – dall’Album Heinrich Kley. Incubi in bianco e nero
Kley (tedesco, nato nel 1863) non gode di grande notorietà in Europa, nemmeno nella sua patria. È invece molto conosciuto negli USA, probabilmente perché il più grande ammiratore e collezionista dei suoi di-segni era Walt Disney. La prima parte della sua carriera artistica è quella tipica del pittore ottocentesco, che campava dipingendo paesaggi piuttosto convenzionali, nature morte e scene storiche. Poi è approdato alla modernità, diventando un “artista industriale” e rappresentando momenti di lavoro. Infine, al volgere del secolo, è approdato a “Simplicissimus”, la più famosa rivista satirica tedesca del primo novecento, antimilitarista, anticlericale e antifeudale, alla quale hanno collaborato lungo il mezzo secolo di esistenza letterati come Frank Wedekind e artisti come George Grosz e Alfred Kubin. Sulle sue pagine Kley si è scatenato, approfittando del fatto che la rivista si era
presto trasformata in una palestra per disegnatori dallo stile grafico molto innovatore, influenzato dall’Art Nouveau, e dal simbolismo. Più ancora che satirici i suoi disegni danno sfogo ad una fantasia maliziosa e “perversa”, e prefigurano un incubo che verrà poi ripreso, nella seconda metà del ‘900, da disegnatori come Moebius e da pubblicazioni come Metal Hurlant.
C’è sempre qualcosa di inquietante e misterioso nelle sue immagini. Inquietante il fatto che, a dispetto della stravaganza, vi leggiamo il mondo che ci circonda. Misteriosa rimane la sua fine: sono addirittura indicate per la sua morte tre diverse date, il 1940, il 1945 e il 1952. Più viva che mai, a distanza di un secolo, rimangono la sua arte e la sua fantasia.