di Paolo Repetto, 25 aprile 2020 – vedi l’Album
Giovanni “Nino” Costa è forse il meno conosciuto e il più sottovalutato dei macchiaioli. Ma forse non è nemmeno un macchiaiolo. La sua formazione ha avuto da subito un respiro internazionale, per la frequentazione prima, in patria, di artisti stranieri (il gruppo dei Nazareni, George Mason e Frederick Leighto, attraverso i quali conosce le idee di Ruskin, Emile David e Arnold Böcklin che lo introducono al simbolismo) e poi, durante i frequenti viaggi all’estero, degli ambienti culturali più avanzati delle capitali culturali dell’Europa di metà Ottocento. A Londra frequenta Burne-Jones e i Preraffaelliti, a Parigi conosce Corot, Théophile Gautier, Baudelaire e i simbolisti. Nel frattempo combatte nel
1849 con Garibaldi per la difesa della Repubblica romana, vagabonda per quasi due anni per mezza Italia in compagnia del pittore statunitense Elihu Vedder, va a dipingere la campagna inglese con l’amico Mason. Tornerà ad imbracciare le armi nel 1870, per la presa di Roma, alla quale partecipa in prima fila.
Costa in Italia non incontra un grande successo, e non certo è aiutato a ritagliarselo dal carattere ribelle e intransigente. Ha una serie di convincimenti, relativi sia alla tecnica della pittura dal vero che alla scelta dei soggetti, dei momenti particolarmente poetici della natura da cogliere, e del carattere simbolico da imprimere loro, e a quelli non deroga. Al contrario, e per le stesse ragioni, è invece molto apprezzato in Inghilterra, e tutte le sue opere migliori sono ospitate oggi dalle gallerie inglesi.