di Gianni Repetto, da Sottotiro review n. 5, novembre 1996
- Non è vero che fare poesia è una necessità assoluta. Non è vero che fare poesia è inscritto nei geni di ciascuno di noi. Non è vero che fare poesia è un’attività di élite intellettuale. Fare poesia è follia.
- La follia? Un classico della poesia. I poeti hanno bisogno di referenti patologici e s’infiammano quando credono di individuare nel folle la loro punta di diamante. Come se la poesia potesse dipendere dalla vicenda umana di un individuo. Ma la follia della poesia non ha niente a che fare con le depressioni e le monomanìe.
- La follia della poesia è follia della parola. Della parola, non del poeta. Parola che scaturisce dal nostro sentire con un processo che ci appartiene soltanto nell’aspetto tecnico della trascrizione. La poesia non è un’intuizione soggettiva, è la capacità di cogliere oggettivamente l’universale.
- La parola ha un valore semantico che la moltiplica e la estende, ma il linguaggio recondito dell’esistenza non ha significati verbali. Indulgere alla cerebralizzazione del senso produce un’implosione poetica che distrugge il ritmo della scrittura. La poesia è musica e la stecca non riguarda i suoi significati.
- La carica emotiva di un testo poetico dipende dal metro della sua composizione. Solo una buona dimestichezza con la musica, tempi e ritmi del solfeggio, non ascolto maniaco e beota, consente di godere fino in fondo l’armonia di un verso e di una strofa.
- Tecnica e poesia non sono affatto antitetiche. L’acquisizione e l’interiorizzazione di strumenti sono premesse indispensabili alla produzione poetica. Che è fatica, solitudine, non il bacio di una dea.
- Scrivere poesia è sussurri e grida, angoscia e tremore, coraggio ed esaltazione. La prova generale di una prima. Scrivere poesia è un gesto estremo di sfida per catturare una voce che non ci appartiene. Scrivere poesia è un’avventura terrificante che ogni volta ci fa giurare che non lo faremo mai più.
- La poesia è voce tuonante, rauca, stridula, lamentosa, e come tale deve essere vissuta. Leggerla in silenzio vuol dire condannarla all’inesistenza. La poesia sulla carta non ha nessun significato.
- La poesia è eroismo, profezia, santità. Ma nessun poeta è eroe, profeta o santo. perché il poeta, non appena ha concluso la sua missione, è l’essere più insignificante della terra.
10. La poesia è paradosso dell’esistenza. Chiamare qualcuno poeta è un insulto alla sua sofferenza.
È bello giacere con una donna
È bello giacere con una donna
che si conceda in tutte le maniere
fino all’esaurimento.
Ma se non posso gridare con lei
parole di liberazione
se non posso confondere con lei
la voce
in suoni e gemiti che rifondino il linguaggio
se non riesco a respirare con lei
fino ad ansimare in palpitante sincronia
se non ho con lei
le visioni del paradiso terrestre
che solo la santità e la buona droga sanno dare
allora sento un vuoto nell’anima
che si allarga a dismisura
e mi consuma con una radice feroce.
Farenheit 451
Un libro
è un baluardo
il forte Apache del nostro intelletto.
Un paese antico
ospitale
dove nessuno nega le nostre parole.
Un’avventura
un sogno
che ci difende dall’ultimo agguato.
Se macineranno i libri
per farne mangime per i polli
beccherò anch’io
la mia parte di parole.
Se li bruceranno
a cataste nelle piazze
raccoglierò le ceneri
come le spoglie di un amico.
Se mi tortureranno
per costringermi a negarli
sopporterò il dolore
cambiandolo in poesia.
Datemi un libro
ancora un libro
che parli al cuore
che parli anche alla mente
e accenda il filo di speranza
che muore ogni giorno dentro me.