Sentieri Neri … e altri sentieri

di Vittorio Righini, 16 ottobre 2023

In occasione dell’uscita del film A passo d’uomo, tratto da Sentieri neri di Sylvain Tesson, Vittorio torna sull’autore che già ci aveva presentato lo scorso aprile in Ritirate e ripartenze. Il film non lo abbiamo ancora visto, quindi sospendiamo il giudizio; ma riteniamo che il modo migliore per goderlo (o eventualmente per criticarlo) sia quello di partire dalla conoscenza del libro, e magari anche di quelli che lo hanno preceduto. E comunque, il sentiero percorso da lettore è senz’altro meno comodo di quello raccontato allo spettatore, ma decisamente più gratificante. Bando alla pigrizia, ne vale la pena.

Conosco Sylvain Tesson da almeno 15 anni, se per “conoscerlo” basta accreditarsi la lettura di tutti i suoi libri in italiano, e qualcuno in francese. È stato la voce nuova alle mie orecchie per molti anni. Naturalmente resta tale, ma c’è un “ma”. Nel 2014 Tesson cade da un tetto di uno chalet a Chamonix, che aveva scalato di notte forse in preda all’alcol, comunque per motivi a me ignoti. Otto metri di volo, qualche decina d’anni che passano in pochi secondi, in 8 metri. Dopo la caduta e quasi un anno di ospedale, decide di attraversare la Francia a piedi da sud-est, Tende e la Provenza fino all’Atlantico, al capo La Hague nel Cotentin. Si convince che se riuscirà a uscirne vivo, avrà anche risolto i suoi molti problemi fisici, al contrario di quanto gli consigliano i fisioterapisti.

Ma la mente, quella, è cambiata, l’incidente lo porta ad affrontare la vita in modo diverso rispetto a prima, e a scrivere in modo diverso. Il Tesson alcolico, folle e geniale, illuminato e imprevedibile è finito. Negli anni successivi escono, tra gli altri, due libri diciamo sedentari, uno su Omero (2019), uno su Rimbaud (2023). Niente di particolarmente nuovo, niente che mi abbia particolarmente colpito, comunque non abbastanza per ripensare al Tesson del giovanile L’axe du Loup (2007), dell’esilarante Beresina (2014), del profondo semestre sul Bajkal in Siberia (2012), e soprattutto di Baku (2010), forse il mio preferito.

Sentieri Neri resta una via di mezzo tra i libri del primo periodo e le opere sedentarie. C’è tutto dell’arte della fuga in Sentieri Neri, nascondersi e fuggire il più lontano possibile dal rumore, dalla tecnologia, dalla modernità, camminando su percorsi dimenticati, non turisticizzati, su sentieri neri appunto. Poi, c’è la consapevolezza di essere cambiato in pochi secondi, in quegli 8 metri, soprattutto nei confronti del passato, ad esempio verso quella tradizione contadina che prima snobbava, mentre oggi provoca rimpianto e nostalgia; si dispiace per non averne goduto.

Sentieri Neri è ancora un bel libro, c’è il viaggiare, lento, faticoso ma costante, ci sono le citazioni formidabili di cui Tesson è maestro, ci sono ancora alcune intuizioni che hanno fatto sì che i suoi libri, nella mia libreria, abbiano un angolo discosto ma solo a loro destinato. Il suo percorso a piedi, giorno per giorno, lo porta a un miglioramento fisico che forse la fisioterapia non avrebbe eguagliato. Però quando il viaggio finisce e il corpo è rinato, la mente entra nella fase della maturità, che porta riflessione, nostalgia, pazienza e saggezza. Altri sentieri lo aspettano.

Sentieri Neri… e altri sentieri 02Sono tanti i libri di Tesson, anche in italiano; ad esempio, non un capolavoro l’introvabile (in italiano) Piccolo Trattato sull’Immensità del Mondo, 2006; Abbandonarsi a Vivere, raccolta di racconti brevi del 2015, infine La Pantera delle Nevi, del 2019, che mi restituisce in parte il Tesson di una volta, e poi quelli citati prima, ma mi dolgo che libri come: On a roulé sur la terre (2007) – La marche dans le ciel: 5000 km à pied à travers l’Himalaya (1998) – Les jardins d’Allah (2004) – L’axe du Loup (2007) – La chevauchée des steppes: 3000 km à cheval à traversl’Asie centrale (2013) non siano mai stati tradotti in italiano. Gioisco invece per aver letto i libri dei suoi amici, come Cedric Gras, Ludovic Escande, e lo straordinario fotografo Vincent Munier, perché viaggiare con Tesson significa fidarsi di lui, quindi è d’obbligo viaggiare anche con i suoi amici.

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