Il piacere della pioggia, soprattutto quando manca
di Vittorio Righini, 1 maggio 2023
Perché a una persona viene in mente di scrivere un piccolo saggio sulla pioggia? Perché, per me ad esempio, la pioggia è ansia, ricordi, serenità, suoni, bianco e nero. Soprattutto ansia, perché mi preoccupo tanto quando non arriva, come succede dall’autunno 2021 ad oggi, primavera 2023.
Al 29 marzo 2022 erano 111 giorni che non pioveva nel basso Piemonte, e il 30 marzo 2022 sono cadute quattro ore di pioviggine, termine tecnico relativo a quella pioggerellina che bagna gli umani ma non impregna il terreno agricolo ormai estremamente assetato, non rialza il livello del Po, così basso da portare alla superficie un paio di chiatte affondate nella seconda guerra, inumidisce appena il fondo secco del lago di Ceresole, una volta 35 milioni di metri cubi d’acqua, circa 2 km quadrati, ora solo un’arida passeggiata nella polvere, nel terzo inverno più secco degli ultimi 65 anni (poi superato dall’inverno 2022/2023) ; quando arriva la pioggia, in questi casi, è come la neve per i bambini a Natale.
Poi capita una pioggia come quella del 4 ottobre 2021 a Rossiglione (GE): 740 mm. in 12 ore, record mondiale. Eppure, Rossiglione non è Bergen, Norvegia, la città più piovosa d’Europa, o Waialeale, Hawaii, la zona più piovosa del mondo. Rossiglione è a meno di un’ora da dove vivo io, ci passo col treno sulla via per andare a Zena ancora oggi, in passato coi compagni di scuola prima e all’Università poi.
Ricordi, perché molti dei miei momenti più sereni li ho passati al coperto, sotto un portico, una veranda, alla finestra, spesso con un libro in mano, con la pioggia come contorno. Serenità, perché quando arriva dopo tanto tempo la guardo cadere il più a lungo possibile e mi rilasso. Suoni, perché ad ogni consistenza di pioggia corrisponde un suono diverso. Bianco e nero, perché quando piove i colori finiscono in un grigio analogico ricco di moltissime sfumature tra il bianco e il nero.
Avevo intenzione di scrivere queste poche pagine solo quando pioveva, ma ci avrei messo troppo tempo per finire, qui piove poco, mi pare di averlo già scritto, e io non sono più un giovanotto da tempo: così mi sono adeguato e ho scritto nei giorni nuvolosi, tanto per avere una scusa.
Pioggia a volte fetente, a volte avvenente, a volte insolente.
Pioggia fetente
Quanto è bella l’Irlanda? quanti ci passano le vacanze estive, e si, piove a volte, ma fa parte del panorama. Io accompagnai mio figlio, nel 2010, a passare due mesi di studio della lingua a Dublino, anzi nei dintorni. Senza troppa fatica convinsi mia moglie che sarebbe stato opportuno, oltre che viaggiare con lui, fermarmi tre o quattro giorni per verificare se le condizioni erano ottimali e se potevamo stare tranquilli. In realtà, una volta mollato Alessandro alla scuola prevista, avevo affittato una piccola auto per poter fare un breve viaggio, tutto solo con la mia fotocamera in bianco e nero, nella meravigliosa e verde Irlanda. Partimmo a luglio, ma atterrammo a novembre a Dublino, o almeno così sembrava. I campi erano verdissimi, le strade con l’asfalto lucido, il cielo e l’orizzonte si confondevano nello stesso grigiore nebuloso. Mi dissi: no problem, domani sarà bello.
Macché: passai oltre settantadue ore sotto una pioggia costante, indifferente a tutto, mai disastrosa né mai leggera, soprattutto spesso accompagnata da tremende folate di vento. Vidi le Cliff od Moers (le immaginai, più che altro) dal finestrino dell’auto. Non scendevo nemmeno per orinare, la facevo dalla portiera per non farmela ributtare addosso dal vento. Tanto nessuno si sarebbe accorto di niente, perché non c’era un cane in giro. Non mi venne voglia di leggere, come spesso mi capita con la pioggia, tantomeno di scrivere! fare fotografie, invece, è uno dei pochi vantaggi offerti dalla pioggia. e ne feci parecchie, mettendo a serio rischio la vecchia fotocamera analogica. Ricordo che il secondo giorno mi fermai a pranzo in uno di quei ristori che sono a metà tra il pub e il locale di tendenza (secondo la tendenza irlandese). Mi chiesero se volevo pranzare fuori, era luglio, sotto una veranda a 30 centimetri dalla pioggia, ma protetti. Non risposi e andai a sedermi in un buio angolo dell’interno, ero l’unico, gli allegri irlandesi erano tutti all’aria aperta, in mezze maniche. Il terzo giorno non era cambiato nulla, solo passavo a salutare mio figlio e riprendevo un aereo verso il luglio italiano. La prima cosa che ho fatto, uscendo dalla Malpensa, è stata andare in una vecchia e decorosa trattoria sul Ticino (oggi non esiste più, ovvio): ho mangiato le rane (cibo in tema coi tre giorni precedenti) e anche senza pioggia mi sono sentito a casa. Ma quando sono tornato mi sono fatto delle domande, che prescindono dal discorso sfiga.
Ad esempio, quante giornate di pioggia ci sono in Irlanda? tra i 150 e i 225 giorni. Poi, perché più si sale a nord e più piove? (questa è veramente una domanda stupida… mi viene in mente quella Signora americana del New Jersey che visita i giardini a Oxford e chiede al giardiniere: ma come fate voi ad avere un prato verde così bello? io ci lavoro tanto, ma non riesco a farlo venire così! il giardiniere educatamente le risponde che ci vogliono tre cose: un taglio costante – una notevole quantità d’acqua – e del tempo.
La Signora risponde che lo taglia ogni 3 giorni, lo innaffia con regolarità, poi chiede: voi qui quanto tempo avete impiegato? e il giardiniere risponde, con nonchalance: circa mille anni. Quindi, inutile chiedersi perché più si va a nord, più piove.
Mio figlio vive a Bruxelles, lavora lì; perfino a luglio, quando lo chiamo mi risponde sempre: piove. Con la pioggia si convive, anche se non la si ama. Ma se tu la ami, e capiti in modo veramente occasionale in Irlanda dove non sei mai stato prima, pretendi, dico, pretendi che in quei tre fottuti giorni non piova troppo, giusto per vedere qualcosa. Mio figlio mi ha poi detto che dopo la mia partenza non ha piovuto tutto il mese. Insomma, anything to declare? Don’t go Ireland! (citazione adattata dal film Snatch)
Disgressione tecnica
Come scrivevo prima, pioggia il 4 ottobre 2021 a Rossiglione (GE), 740 mm. in 12 ore, record mondiale. Oggi la chiamano la bomba d’acqua. I meteorologi si ostinano a dire che è un termine idiota, anche a me non piace ma, effettivamente, 740 mm. in 12 ore… eppure, Rossiglione, a meno di un’ora da casa mia, lì diluvia, qua secca tutto. Non ci sono grandi catene montuose che ci separano, solo il fatto che Rossiglione è all’interno della Valle Stura, che si apre sulla pianura padana a pochi km. verso nord, e si chiude a pochi km. dal passo del Turchino, 591mt. s.l.m., mica il Kangchenjunga, per favore… eppure li piove, fin troppo, mentre qui (basso Piemonte, provincia di Alessandria) si seccano i peli nel naso.
Insomma, cos’è la pioggia? me lo vado a studiare, per capirne di più, e cito testualmente la descrizione che se ne fa nella presentazione dell’ottimo libro di AlokJha: Il Libro dell’acqua. La storia straordinaria della più ordinaria delle sostanze.
«Praticamente tutte le nostre funzioni biologiche possono essere ricondotte al modo in cui le molecole d’acqua si attraggono e danzano tra loro. Ogni luogo della Terra è saturo d’acqua o è stato in qualche modo forgiato da essa. L’acqua è la sostanza più comune che abbiamo: la usiamo quotidianamente nelle nostre case, ci cade addosso direttamente dal cielo e si muove in continuazione sotto i nostri piedi nelle falde acquifere; ma si trova anche allo stato gassoso nell’aria che respiriamo, liquida negli oceani e nei fiumi e solida nella neve e nei ghiacciai. Non stupisce che proprio l’acqua sia al centro dei rituali di quasi tutte le religioni. L’acqua è anche “semplice”, o almeno così crediamo: H2O, una piccola molecola fatta di soli tre atomi legati tra loro a formare una microscopica V. Eppure, a un esame più accurato, l’acqua risulta essere una sostanza più che mai sorprendente e straordinaria. Ad esempio si espande quando si raffredda (il ghiaccio galleggia sull’acqua), cosa che pochissime altre sostanze fanno. Ma non sono solo le sue caratteristiche fisiche ad essere particolari: in effetti l’acqua è lo sfondo costante della grande storia della Terra, della vita e dell’umanità. Viene dallo spazio profondo, è una figlia del Big Bang, e si è concentrata sul nostro pianeta in maniera fortuita. Una volta arrivata non è più andata via e il suo costante movimento ciclico ha letteralmente dato forma al mondo.»
Adesso che so cos’è l’acqua, passiamo alla pioggia. Ma cos’è la pioggia, oltre che acqua che cade dall’alto? i miei studi universitari in Geografia non mi sono di grande aiuto, questa è meteorologia, e bisogna andare a spulciare libri, o, se preferite, a ravanare (cioè cercare disordinatamente, come i topi quando entrano nella credenza) sul web.
« La pioggia è la più comune precipitazione atmosferica e si forma quando gocce separate di acqua cadono al suolo dalle nuvole. Il suo codice METAR è “RA” (dall’inglese rain). » (da Wikipedia).
(Rain mi piace, mi ricorda un brano di Ryuichi Sakamoto – R.I.P. – con un piano martellante che ricorda appunto una pioggia battente, o insolente).
Ma la pioggia è qualcosa in più e il web mi aiuta a capire:
“La pioggia gioca un ruolo fondamentale nel ciclo dell’acqua, nel quale il liquido che evapora dagli oceani sotto forma di vapore si condensa nelle nuvole e cade di nuovo a terra, ritornando negli oceani attraverso il ruscellamento, i laghi, i fiumi e le falde sotterranee, per ripetere nuovamente il ciclo. In tal modo si rende disponibile alla biosfera, permettendo lo sviluppo della flora e della fauna e l’abitabilità agli esseri umani.
In meteorologia l’ammontare della pioggia caduta si misura in millimetri (mm.) attraverso i pluviometri o pluviografi: 1 mm. di pioggia equivale a 1 litro d’acqua caduto su una superficie di 1 m². La quantità di pioggia ricevuta annualmente nelle varie zone terrestri ne classifica, assieme alla temperatura, il tipo di clima. Una parte della pioggia che cade dalle nuvole non riesce a raggiungere la superficie ed evapora nell’aria durante la fase di discesa, specialmente se attraversa aria secca; questo tipo di precipitazione è detta virga.”
Quindi, a Rossiglione (GE), il 4 ottobre 2021 sono caduti, mediamente, 741 litri di acqua su una superficie di un metro quadrato. Provate nel giardino di casa vostra: cintate in modo impermeabile un metro quadro di terra e versategli sopra 741 bottiglie di acqua da un litro. In breve nascerà il riso, e sarà già pronto al consumo, solo da scolare, con un filo d’olio e sale.
Oggi i meteorologi spiegano che non ci si deve stupire più di tanto se, tra i fenomeni più diffusi, ci sarà una incostanza di piogge e, quando arriveranno, saranno spesso disastrose e incontrollate. E ci voleva questa bella notizia, dopo il Covid, la revisione del catasto, la guerra in Ukraina e le altre 100 guerre dimenticate, il Tibet sottomesso, la scomparsa delle osterie di una volta e dei commestibili, i pesci siluro che ammorbano il Po (fortuna che ci sono battaglioni di rumeni che con bombe e altri ammenicoli li pescano, li sfilettano e li mandano al loro paese dove sono molto graditi, pare, nonostante il pesce siluro si alimenti di qualunque cosa, dal topo morto alle carcasse etc.) e altre questioni di cui non frega niente a nessuno. Ok, lasciamo perdere questi scritti populisti e torniamo al nostro liquido.
Se non basta la pioggia a Rossiglione, andiamo in India, nella regione del Megalhaya. Qui cadono mediamente 12.000 mm. (dodicimila) di pioggia all’anno, e gli ombrelli, detti Khasi, costruiti in bambù e foglie di banano, sono praticamente delle canoe a poppa chiusa ma capovolte in testa al lavoratore delle risaie. Io dovrei andare lì per finire come si deve questo scritto… me la sbroglierei in poche ore. L’ispirazione non mancherebbe e potrei onorare il desiderio di scrivere solo quando piove, cosa che, come avrete capito, qui riesce male.
L’avrete già vista in TV l’immagine, su Geo&Geo e in altri programmi simili: gente magra che lavora il riso sotto un cappello che sembra, vagamente, un sombrero ma che ripara dall’acqua, non dal sole. Non è bello lavorare tutto il giorno sotto il sole, a raccogliere pomodori nel Casertano ad esempio, ma nemmeno sotto la pioggia del Megalhaya, sebbene protetti dai kashi.
Pioggia avvenente
Ho già scritto di queste isole in un altro mio libretto, ma qui mi voglio soffermare sugli effetti benefici, in luoghi tra l’altro molto belli. St. Vincent è un’isola caraibica di lingua inglese, e a quest’isola appartengono anche le Grenadines, gruppetto di isole tropicali con spiagge da sogno e nomi evocativi: Bequia, Mustique (Jagger & Bowie, per fare due nomi che hanno frequentato l’isoletta), Tobago Keys e poi la più esclusiva, Petite Saint Vincent.
Sono sicuro che non piove sulle spiagge di Mustique o di Bequia, ma dove soggiornavo io a Saint Vincent, a 3 o 4 km. nell’entroterra di Kingstowne del suo porto, pioveva solo la notte. Avevo un bungalow rialzato sul terreno, fatto di palme e legno all’apparenza fragile, completamente impermeabile. Non c’era aria condizionata, ma uno splendido ventilatore a soffitto con delle pale grosse come quelle di un aereo d’epoca.
Di giorno il sole, caldo e potente, di notte pioggia, a intervalli. Brevi e intensi rovesci che mitigavano il caldo accumulato di giorno, e che accompagnati al suono della pioggia sulle palme del tetto, fornivano un concerto al quale, per non addormentarmi come un pollo in pochi secondi, mi sottraevo sedendomi su un dondolo in veranda con un libro in mano.
Per non parlare del profumo dell’acqua che cade sulla vegetazione tropicale; come da noi sulla polvere crea un delicato odore inebriante, lì quell’odore è profumo. Non ho letto molto, in quel periodo, il sonno cullato dalla pioggia e dal clima perfetto aveva in fretta la meglio sulla veglia. Ma nei ricordi ho ben impresso quanto ho amato quel clima così completo per i miei gusti. A volte, mi svegliavo e spioveva, termine non corretto etimologicamente ma che a me ricorda la fine della pioggia e lo sgocciolio dai tetti, con i rivoletti d’acqua che scendono sul marciapiede e sulla strada.
La pioggia nei libri
La prima cosa che mi viene in mente è Simenon, e il suo amato (e da lui anche un po’ detestato) Jules Maigret. Amato perché è alla base delle sue fortune, detestato perché Simenon cerca tutta la vita di slacciarsi dal Commissario, con moltissimi romanzi – alcuni non troppo riusciti, sebbene il numero di quelli validi sia alto – sempre molto crudi, amari e cupi, perché raccontano storie di persone che hanno sempre perso, un’umanità che non riesce a salvarsi. Invece, con Maigret è diverso; le storie, le figure, sono spesso simili a quelle dei personaggi dei romanzi, ma interviene il Commissario e la sua umanità, che rende il racconto più avvincente e più sereno, nonostante gli esiti. Veniamo al dunque: in molti dei polizieschi di Maigret la pioggia la fa da padrona; spesso più della nebbiolina, del grigiore delle nuvole, del freddo spinto dal vento del nord, e dalla neve, mai troppo abbondante sulle rive della Senna. È una pioggia che Maigret vede già dalla camera da letto, quando M.me Maigret, cioè la Sig.ra Louise Lèonard, apre la finestra che da sul boulevard Richard-Lenoir e conferma una mattinata di pioggia a un Commissario, spesso infreddolito quando non pesantemente raffreddato, che vorrebbe restare a letto, ma confida nella potente stufa in ghisa del suo ufficio. Beh, quella pioggia mi commuove; nel Nord Italia di nebbia non se ne parla più, forse è meglio così, però peccato per tutti quei ricordi perduti, quelle foto di Ghirri, quelle visioni distorte, quel fiume Po che scompariva nel grigio ed oggi riappare dalle brume. Anche la pioggia latita in inverno; qui in Piemonte o non piove, o se lo fa la temperatura è molto bassa, si gira facilmente in neve, una spruzzatina, s’intende, niente che illuda i mocciosi, come ero io 60 anni fa, di andare a far palle di neve sotto casa. Però quella pioggia parigina io un po’ la conosco, la ricordo, la rimpiango. Uscivi di casa con l’ombrello aperto, rientravi la sera sempre con l’ombrello, a Parigi e a Milano. Non era temporale, non era un diluvio, non era la pioggia più bella, ma bagnava. Simenon (che i suoi Maigret li scriveva dai posti più impensabili, dai Caraibi agli USA, dalla Svizzera alla Cote d’Azur, alla barca) associava il racconto al suo ricordo dell’infanzia in Belgio (dove piove ancora tanto, ripeto).
Scrive bene Ezio Mauro, sul venerdì di Repubblica, il 17 maggio 2019, un flash sul quale concordo in pieno:
“Se qualcuno scattasse una fotografia alle creature di Simenon, sarebbe di solitudine, in bianco e nero, magari coi profili forti e marcati di Yves Montand. Ci fosse un quadro, sarebbe Hopper, quei due tra le tinte tenui, inquadrati da una finestra in una stanza qualunque e in una sospensione del tempo, purché prima di qualcosa. Se poi partisse la musica, sarebbe evidentemente quella di Paolo Conte.”
In realtà, di pioggia nei libri si parla poco, ma la parola pioggia è molto usata nei titoli; spesso come sinonimo, ma niente che abbia poi realmente a vedere con la parola. Rare le eccezioni, coma Pioggia di W. Somerset Maugham, dove la pioggia ha la sua importanza; La pioggia fa sul serio, per andare più sul leggero, di Machiavelli & Guccini, anche qui la componente liquida ha un suo perché; Storia della pioggia, di Niall Williams, è un altro libro in cui l’acqua che cade ha una funzione narrativa.
Altri non ne ricordo, nel senso che non li conosco, e dando una scorsa ai titoli che comprendono la parola pioggia l’ho trovata usata soprattutto come sinonimo per una moltitudine di situazioni non prettamente metereologiche. La pioggia intesa come ricchezza, la pioggia come nostalgia, l’odore della pioggia come ricordo, la pioggia come situazione negativa dal punto di vista sentimentale, e ancora molte altre sfumature.
Pioggia insolente
La pioviggine è quella pioggerellina con micro-gocce che sembra proprio non stia piovendo e dopo cinque minuti siete fradici. L’avrete di sicuro già provata in Italia, almeno al nord. È novembrina, o almeno, prima di queste ultime rivoluzioni climatiche lo era. E poi marzolina, certo. Se resiste poi si trasforma in pioggia vera, se cede diventa nebbia, e col gelo nevischio. Non dà nessuna soddisfazione, non è buona, come si suol dire, per niente. Nemmeno per l’agricoltura, perché l’umidità non basta ad ammorbidire il terreno prima della semina. È noiosa, ci fa dire ‘‘resto in casa’’, l’ombrello è di troppo e il cappello insufficiente. L’auto è sempre sporca, la casa umida, gli abiti anche, la visibilità ridotta, le vetrine non sono invitanti, di camminare non se ne parla, insomma una schifezza. Però ti permette di godere il vero silenzio, quello che non provi normalmente con la pioggia cadente.
L’ho sperimentata anche a Parigi, in un novembre che, a inizio settimana, sembrava un Indian Summer. Sole tiepido, foglie cadenti, tutto rallentato, temperatura mite, dolce. Improvvisamente, in una notte, è arrivata la demente, accompagnata da un freddo odioso, perché si usciva e si tornava in albergo inzuppati, sempre e comunque. Anticipava l’inverno a tutti gli effetti, che alla fine del mio soggiorno si è presentato con un vento atlantico e temperature così gelide da rintanare anche i parigini, pur abituati al loro clima. Non si poteva più mangiare le ostriche, troppo fredde, solo zuppa di cipolle. Un TGV mi ha salvato riportandomi a casa, nel basso Piemonte, dove una volta, quando faceva freddo, faceva freddo davvero. Almeno, una volta era così, adesso l’inverno 2022/2023 è stato il più caldo degli ultimi cento anni. La primavera 2023, la più secca di sempre.
Cambiamento climatico
Già, lo sappiamo o lo sospettiamo tutti: che sia in atto un cambiamento climatico dovuto all’inquinamento pare ormai ben più evidente rispetto a quelli che credono che sia dovuto alla ciclicità del clima. Ciò nonostante anche la ciclicità del clima è una componente che è sempre esistita e tuttora compare. Solo che avvengono fenomeni estremi che in passato erano ben più rari. Non mi avventuro (non ne ho i mezzi) in una digressione sul cambiamento climatico, e mi limito a tornare a bagnarmi sotto le amate gocce di pioggia.
Qui nel nord ovest i primi segnali che compaiono in televisione relativamente alla mancanza di pioggia sono i livelli del Po e del Lago Maggiore, con il Ticino come emissario.
Il 2021/2022 è stato particolarmente segnalato, ma il 2022/2023 (prima parte) lo ha già surclassato: il Po ha segnato livelli bassi come non mai, al di sotto dei 7 metri sotto lo zero idrometrico con una portata dimezzata rispetto al passato, cioè 450 metri cubi al secondo rispetto agli usuali 880 circa. Negli ultimi giorni di marzo, è arrivata un po’ di pioggia e neve, ma sul nord del Piemonte. Ha contribuito a un consistente rialzo del livello del Lago Maggiore, alla riapertura delle dighe sui Navigli, a un cauto ottimismo per non rovinare tutte le principali coltivazioni piemontesi. Piogge buone in centro Italia e al sud, in Veneto e a est.
Epilogo
29 marzo 2023: giornata grigia, tempo da pioggia, si, si, il classico cielo che promette pioggia insistente. Nulla.
30 marzo 2023: vedi due righe precedenti.
1 aprile 2023: finalmente è tornato uno splendido sole (!) e di acqua non se ne prevede affatto nei giorni a venire.
7 aprile 2023: sto attraversando il basso Alessandrino, e a Casalcermelli comincia a piovere, con buona consistenza; mi fermo a pranzo a Frugarolo, esco verso le 14.30 e piove ancora come si deve! mi illudo, e mi avvio verso Predosa, Sezzadio, Acqui, sotto l’acqua. Intanto piove a nord est, non tanto ma è già qualcosa. I bacini del Centro Italia sono provvisti di acqua, me lo conferma un amico romano che, anche lui, ha a cuore queste tematiche. Al Sud Italia ha piovuto molto più che al Nord. Arrivo a Sezzadio e spiove. A Strevi la strada comincia ad asciugarsi. A casa, la strada è inumidita. Basta, sono stanco di indossare piume e turchesi e fare la danza dei Cherokee, mi ero illuso, ma tanto per cambiare si resta all’asciutto qui da me, nel distretto del deserto di Taklamaklan, prefettura di Alessandria, città di Acqui Terme.
Buona pioggia a tutti, prima o poi.