Ariette 24.0: L’onda lunga

di Maurizio Castellaro, 2 gennaio 2025

Le “ariette” che postiamo dovrebbero essere, negli intenti del loro estensore, «un contrappunto leggero e ironico alle corpose riflessioni pubblicate di solito sul sito. Un modo per dare un piccolo contributo “laterale” al discorso». (n.d.r).

La migrazione dei popoli è un’onda lunga, non sempre la vediamo perché restiamo molto tempo sott’acqua. Ma a volte si riesce a salire a respirare, e allora ci accorgiamo che attorno a noi galleggiano milioni di persone, portatrici sani delle loro culture aliene. Sono giovani neri eredi di tribù guerriere, con il DNA della pretesa nella testa, li riconosci perché anche dopo dieci anni in Italia non conoscono la nostra lingua.

Sono giovani asiatici che vivono a testa bassa con sulle spalle il peso di fratelli piccoli e genitori anziani e malati, che aspettano le loro rimesse come ultima speranza. Sono donne latine basse e grasse, che creano clan per difendere se stesse e i bambini dai loro uomini pigri e violenti. Sono giovani arabi e albanesi che postano stati davanti a Ferrari posteggiate e a vetrine di Gucci, anche se non hanno casa e dormono sotto i ponti. La loro linea dei diritti trova solo raramente punti di incontro con la nostra sbertucciata linea dei doveri.

Di fronte al carico di domande di quest’onda lunga, che dilaga silenziosa, non ci sono risposte possibili, non ci sono risorse sufficienti, non ci sono culture disponibili. Il Novecento si è inabissato da tempo con tutto il suo cucuzzaro, e per imparare a nuotare in quest’onda ci vorrebbe un pensiero con le branchie, ma è ancora presto, maledettamente presto. Dal kebabbaro (sono tutti del Kurdistan) dopo la mezzanotte non ci sono più clienti e allora fanno passare in tv video di musica del loro paese di origine. Ascolto affascinato quella musica ipnotica e bellissima, che affonda le sue radici in una tradizione culturale millenaria, di cui ignoriamo tutto. Quanta bellezza, quanta sapienza, quanto oro c’è nelle tasche vuote di queste persone che galleggiano sull’onda accanto a noi? È una domanda vagamente perturbante. Forse è una domanda con le branchie.

Ariette 22.0: Cartolina dall’Andalusia

di Maurizio Castellaro, 17 agosto 2024

Le “ariette” che postiamo dovrebbero essere, negli intenti del loro estensore, «un contrappunto leggero e ironico alle corpose riflessioni pubblicate di solito sul sito. Un modo per dare un piccolo contributo “laterale” al discorso». (n.d.r).

Tra 1200 e 1400 la corazzata della Reconquista spagnola ha lentamente preso possesso della penisola iberica, strappando agli arabi una città dopo l’altra, in infiniti assedi. L’identità della nazione spagnola si è forgiata nella forza della stessa fede armata che ha mosso le Crociate in Terra Santa. Anche la Spagna in fondo era diventata terra straniera, dopo cinque secoli di dominazione araba. La normalizzazione cattolico-romana della penisola è uno dei tanti trionfi raccolti nella storia dall’alleanza tra trono e altare. Dal lato religioso l’Inquisizione, i pogrom, gli autodafè hanno smascherato le false conversioni dei moriscos e dei marrani. Dal lato politico e sociale la difesa della limpieza de sangreha discriminato ed escluso dalla crescita economica e sociale chi non avesse il giusto pedigree religioso. Conseguente e inevitabile in questa prospettiva l’espulsione forzata dei musulmani ed ebrei che avevano creduto nella possibilità di una coesistenza coi cristiani. Ne è uscita fuori una Spagna indebolita ma in purezza, inizialmente benedetta dai fiumi di ricchezze provenienti dalle colonie americane. Una nazione che, prima di passare la mano, si è celebrata per almeno un paio di secoli nelle sue chiese scintillanti costruite sopra le antiche moschee e nei palazzi costruiti sopra le rovine degli alcazar. Eppure ritorno dal mio viaggio in Spagna portandomi nella memoria soprattutto i visionari giochi d’acqua e di luce del palazzo Nasride dell’Ahlambra a Granada, i lamenti e ritmi “blues” del flamenco inventato dai rom emarginati e costretti a tornare a vivere nelle caverne, o il pensiero di Spinoza, l’ebreo portoghese perseguitato ed esule, che ancora oggi riesce a re-insegnarci la beatitudine. Può sembrare un paradosso andare in Spagna e rimanere ammaliati soprattutto da ciò che la Spagna ha cercato inutilmente di distruggere o di espungere da sé con tutte le sue forze. Ma forse è proprio questa la cosa più interessante e piena di futuro che la Spagna riesce ancora ad insegnarci oggi.