di Marco Moraschi, 12 giugno 2019
Il primo social che ho utilizzato è stato l’ormai defunto MSN, famoso più di dieci anni fa, un precursore di WhatsApp che permetteva di contattare i propri amici grazie alle prime nascenti ADSL domestiche, che andavano a sostituire il modem blu 56K. Chi si ricorda queste cose può forse farsi prendere da un momento nostalgia, quando le madri infuriate ti dicevano di scollegarti da internet perché altrimenti loro non potevano telefonare! Queste cose oggi fanno sorridere e sembrano appartenere a un’altra era geologica, l’analogicene (l’era dell’analogico?), ma è quasi impressionante riportarle alla memoria ricordandosi che avvenivano poco più di dieci anni fa, forse quindici. Insomma, “panta rei” direbbero gli antichi, o “sembra che all’improvviso il mondo abbia una gran fretta” direbbe invece il buon vecchio Brooks, il vecchio bibliotecario della prigione di Shawshank nel film “Le ali della libertà”. Il mondo corre davvero e dopo MSN è scoppiata l’era del digitale e dei social, con l’arrivo di YouTube, Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram eccetera. Ora, non mi ritengo un esperto in nulla, anzi, credo che nessuno possa mai ritenersi davvero esperto di qualcosa; di conseguenza, prendete queste mie riflessioni come chiacchiere dettate dalla noia, giusto uno spunto per imbarcarsi verso altri testi di persone ben più competenti di me in materia. Insomma, scusatemi per la banalità. Tutto questo per dire che, nell’era dei social, ho tolto i social. No, non li ho distrutti hackerando i sistemi di raffreddamento dei loro server, ho semplicemente cancellato i miei profili dalle principali piattaforme social, ovvero Instagram, Twitter e Facebook. Dietro alla rimozione ci sono certamente delle motivazioni etiche, per esempio gli scandali sulla privacy, ma, diciamoci la verità, non penso che si possa credere veramente alla tutela della propria privacy su Facebook o un altro social, quando ci si iscrive si dovrebbero già conoscere i limiti di queste piattaforme instaurando quindi un rapporto consenziente. È inutile gridare al lupo a posteriori dopo averlo invitato a cena, non so se mi spiego. E poi certo, dietro alla rimozione ci sono altre questioni, come la diffusione delle fake news, ma di nuovo, le fake news sono sempre esistite, propinate dai media tradizionali (basta vedere i siti internet o le versioni cartacee di molti quotidiani, che ora si ergono a difensori della verità) o dagli idioti che prima erano al bar e ora sono invece su Twitter. E sì, si può togliere Instagram per “dare un segnale”, ma per aziende che hanno miliardi di dollari in tasca da spendere e investire i “segnali” equivalgono al debole fumo di una candela accesa sull’isola di Sant’Elena. E allora, diamine, perché hai tolto i social? In minima parte, come detto, per le ragioni elencate sopra, ma soprattutto, perché ero banalmente stufo. Se la risposta ti ha deluso mi dispiace, puoi correre a guardare Netflix.
Il problema che riscontro io nei social è che sono un’ottima trappola per noi stessi, come la frase “Io sono il peggior nemico di me stesso” che non so chi l’abbia detta per primo, o, meglio, come ha detto Woody Allen “a volte vado in overdose di me stesso”. I social, cioè, ci permettono di esercitare un controllo enorme sulla realtà virtuale che ci circonda, un controllo che nella realtà analogica non abbiamo e che ci aiuta a rimanere vigili e in allerta. I social sono un immenso parco giochi pieno dei nostri giochi preferiti, dove ogni cosa è al suo posto perché ce l’abbiamo messa noi e se ogni tanto arriva un intruso non ce ne accorgiamo, intenti come siamo a spingerci sull’altalena. Gli amici di cui leggiamo sui social, le notizie che ci raggiungono, i video che guardiamo, sono tutti stati messi lì da noi stessi e questo non fa che chiuderci in una bolla dorata in cui non entriamo in contatto con ciò che non ci appartiene, radicalizzandoci sulle nostre posizioni. Ho tolto i social perché ero in overdose di me stesso, per fortuna il mio sistema immunitario è ancora vigile (lo so che droga e sistema immunitario non c’entrano nulla l’una con l’altro, ma è un esempio, no?). Ero stufo di leggere sempre le stesse polemiche su Twitter, tutte cucite addosso alle mie stesse opinioni, d’accordo, ma che non fanno altro che rifocillare la tenia della polemica e del dito puntato che c’è dentro ognuno di noi. Ho bisogno di prendere aria e tornare a respirare, confrontarmi con persone vere che mi aiutino a riflettere sui problemi e non solo additarli scrivendo IN MAIUSCOLO PER ATTIRARE LA MIA ATTENZIONE IN 280 CARATTERI. Ho bisogno di leggere libri, che sono ciò a cui dedico gran parte del mio tempo libero, perché hanno la capacità analogica di mantenere viva l’attenzione e affrontare un argomento alla volta. Ho bisogno di concentrare la mia attenzione su cose più lunghe e complicate, perché la realtà è sempre più lunga e complicata di come appare, perché la percezione della realtà non prevalga sulla realtà stessa. E ho bisogno anche di liberare la mente, lasciandola viaggiare senza meta per le praterie del mio cervello, senza imbrigliarla continuamente in catene frammentarie, che sia in coda alle poste o mentre faccio benzina. È proprio nei momenti in cui la nostra mente è libera di vagare che nascono le idee migliori. Se in questo viaggio mi perderò, se finirò per rinchiudermi in un eremo o sulla cima di una montagna, venite a chiamarmi o tiratemi un sasso sulla testa, perché vorrà dire che l’overdose di sé stessi si può raggiungere anche senza i social.