Concedersi una gamba a riposo

di Fabrizio Rinaldi, 29 maggio 2022

Sulla parete accanto alla scrivania ho una riproduzione della fotografia di Luigi Ghirri che vedete qui sopra. Sembra una delle infinite varianti del Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, ma in essa chi guarda, anziché picchi e nubi, questa volta ha davanti a sé un oceano di persone che lo ascoltano (ho ingrandito l’immagine per verificarlo, ed effettivamente è così per gran parte di loro).

Essendo restio ad espormi in qualsiasi uditorio, non riesco ad immaginarmi in una situazione del genere. Quel signore in doppiopetto invece sembra perfettamente a proprio agio nello stare di fronte a più di un milione di persone in quella piazza di Reggio Emilia nel 1983. e a parlare loro con sicurezza e tranquillità.

Ciò che più mi colpisce in questa immagine è proprio quella gamba accavallata in stato di riposo. Se non fosse convinto di ciò che sta dicendo, probabilmente non riuscirebbe a concedersi il lusso di riposare una gamba, issare il busto sul braccio sinistro e contemporaneamente dire parole sensate e giuste. È un equilibrio fra compostezza e misurata fierezza. Quell’uomo era Enrico Berlinguer.

Appartengo alla generazione che non lo ha votato semplicemente perché ero ancora minorenne quando morì, l’anno successivo a questo comizio. I miei, però, sì: credo che lo facessero non tanto per una convinzione politica, ma, come diceva Giorgio Gaber in una canzone, “perché Berlinguer era una brava persona”. Già allora si votava il leader di fans club più che il partito. Ne sono degli esempi Craxi, Bossi, Berlusconi, e più recentemente Renzi e Salvini.

A differenza di questi pifferai magici, Berlinguer non si limitava alle invettive contro gli avversari (pratica indispensabile oggi), ma esponeva il suo pensiero in maniera tale da conquistare la fiducia in ciò che proponeva. Nonostante parlasse forbito (lontanissimo dai canoni televisivi attuali), arrivava non solo al cuore, alla pancia, ma pure al cervello delle persone, e riusciva a traghettare il carrozzone del suo partito verso i successi elettorati.

Non sto a descrivere la sua figura politica ed umana perché in questi giorni, in occasione dei cento anni dalla nascita, lo si fa già ovunque e in tutte le salse. Però mi chiedo quale posizione assumerebbe rispetto alla guerra in Ucraina, al votare l’invio di armi per sostenerne la resistenza. In fondo, nel 1968 non temette di esporsi stigmatizzando la scelta dei sovietici di reprimere con i carri armati la effimera svolta democratica in Cecoslovacchia: ed erano tempi in cui certe posizioni all’interno del partito comunista erano ancora tutt’altro che maggioritarie.

Non lo sapremo mai, comunque, perché da quel palco Berlinguer non scese. Farlo avrebbe implicato comprendere davvero le mutazioni profonde dei valori e dei bisogni della folla che lo applaudiva. Non lo fece lui, così come non lo fecero i suoi eredi e coloro che lo assunsero come icona ideale di un certo modo di vedere la politica e l’uguaglianza sociale. La conseguenza è l’attuale evaporazione della sinistra, come la nebbia del dipinto di Friedrich.

Concedersi la gamba a riposo02

Il disarmo totale può essere considerato una “utopia”? Io dico di no. Tecnicamente oggi è possibile controllare il disarmo, mentre nel passato non era così. Io dico che esso diventerà una necessità, non solo per sopravvivere, ma anche per risolvere i problemi dell’umanità a cominciare da quelli dello sviluppo. Certo oggi il mondo sembra andare in un’altra direzione, ma io credo che questa che è stata una tipica utopia del movimento socialista ritorna oggi di grande attualità.
Enrico Berlinguer, da La Democrazia Elettronica,
intervista di Ferdinando Adornato, l’Unità, 18 dicembre 1983

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