Alla frutta

di Paolo Repetto, 2 agosto 2024

Siedo sulla proda alta del frutteto, in attesa che il sole invada la Valle del Fabbro. Sono le sei e mezza e lui è in ritardo, come al solito, perché in questa stagione si affaccia da nord-est, dietro la collina alla quale do le spalle. La collina disegna un ferro di cavallo e ne mantiene a lungo in ombra i fianchi, mentre tutta la piana che ho di fronte è già assolata: non fosse per la leggera foschia mattutina lo sarebbe sino al Monviso.

Sono già sceso nel frutteto a raccogliere le pere, evitando così di litigare coi calabroni, che a quest’ora sono ancora intontiti. In compenso ho infastidito i due caprioli che abitano la macchia vicina e che stavano brucando sotto l’albero. Con le scarpe fradice per la rugiada versata dalla notte mi godo ora un ultimo momento di frescura, prima che riesploda l’afa. Fumo, guardo e aspetto: e naturalmente lascio che il pensiero razzoli in libertà.

Mentre faccio correre lo sguardo sino in fondo al frutteto torna prepotente il ricordo di quando tutto il pendio era vitato, e in capo ai filari, al posto della traccia che ho appena lasciato nell’erba umida, scendeva un sentiero. Quaranta, cinquanta, ma addirittura già sessanta anni fa, durante la vendemmia quel sentiero lo risalivo decine di volte di seguito, col carico d’una cesta d’uva.

Alla frutta 02

Non rimpiango quei momenti, che in realtà erano tutt’altro che bucolici, perché si andava sempre di fretta, col cuore in gola e gli occhi rivolti al cielo, a spiare il temuto arrivo del maltempo: eppure non posso fare a meno di ripensare a come ero io allora, e non solo fisicamente. Cercare di rientrare nella mia mente di quel tempo sarebbe assurdo, ma so con certezza che ogni risalita, così come ogni altra attività particolarmente faticosa, la esorcizzavo rifugiandomi in una dimensione parallela. Di fronte ai lavori ripetitivi e stressanti inserivo il pilota automatico, per essere libero di trasferire sogni, progetti e speranze in altri spazi e in altri tempi e di vagheggiare futuri straordinari incontri. Ero totalmente infarcito di suggestioni letterarie e cinematografiche (Lawrence che vince la sete nel deserto, Ben Hur che rema sugli scranni della galera, ecc …) e le riversavo su ogni gesto, per dargli un senso più alto. Solo nel corso degli anni, mano a mano che gli orizzonti si sono ristretti e da meccanico esecutore sono diventato responsabile della conduzione, ho imparato a svolgere quei lavori in uno stato d’animo vigile, e a trarne soddisfazione senza bisogno di travestirli o epicizzarli.

A dire la verità, però, non a questo sto pensando: il tuffo nel passato nasce da un recentissimo stimolo esterno. Proprio ieri infatti (e proprio in questo luogo) un amico mi suggeriva di fare un po’ d’ordine in tutto quello che ho scritto, prendendo a modello magari la mappa che avevo ideato per il ventennale dei Viandanti: identificando cioè alcune tematiche chiave e mettendo in sequenza tutti gli interventi su quei temi, o almeno quelli più significativi. Questo, diceva, consentirebbe ai quattro lettori di oggi e a futuri e molto improbabili esegeti di orientarsi nel bailamme che il sito ospita, e a me di ricostruire il mio percorso, ripercorrendolo tappa per tappa.

Non è un’idea peregrina. Un tempo probabilmente mi ci sarei buttato a capofitto (anche se, a pensarci bene, non avrei avuto molti materiali da riordinare). Oggi sono molto più pigro a mettermi in moto, ma visto che continua a ronzarmi in testa anche dopo che ci ho dormito su una notte varrà forse la pena provarci. Procedendo però con criterio.

Prima di tutto evitando il pericolo, molto concreto stanti le mie attitudini, di tracciare una mappa in scala uno a uno, come quella voluta secondo Borges dall’imperatore cinese: di riscrivere cioè praticamente ogni singolo pezzo anziché limitarmi a piazzare dei cartelli segnaletici.

Poi respingendo la bulimia che mi porta a considerare commestibile tutto ciò che ho prodotto, a non buttare mai nulla, vuoi per natura, vuoi per educazione o per principio.

E ancora, sfuggendo alla pretesa di costringere in un qualsivoglia “sistema” ciò che sistematico non era affatto e nemmeno voleva esserlo. Tutti i miei pezzi, lunghi o corti che siano, sono nati in ordine sparso come i funghi: sono figli della stessa pioggia, ma di terreni diversi, e hanno in comune solo la prima. Di conseguenza, cercando di non caricare e complicare eccessivamente gli snodi, gli incroci, gli intrecci tra i filoni principali individuati.

Infine, provando per una volta a portare sino in fondo l’impegno di chiarificazione: non è infatti il primo tentativo che intraprendo, rinnovo l’impegno a scadenze ormai quasi regolari, e regolarmente mi perdo poi per strada (potrei, in alternativa, fare la storia di questi tentativi: ogni volta le motivazioni e le giustificazioni che accampavo erano diverse, quindi sarebbe già di per sé la storia di un percorso). A pensarci bene, però, una cosa del genere l’ho già fatta più di un paio di decenni fa, con Elisa nella stanza delle meraviglie, aggiornato poi con Ritorno alla stanza delle meraviglie. Solo che in quel caso riguardava le cose che avevo letto, non quelle che avevo scritto: ciò che in fondo, per lo scopo che mi sto proponendo, non fa poi molta differenza. Il problema è piuttosto che allora avevo un panorama nitido della successione delle letture, oggi non ricordo nemmeno ciò che ho letto l’altro ieri.

Alla frutta 03

Sarà comunque un lavoraccio, già lo prevedo: ma mi dicevo la stessa cosa sessant’anni fa, quando mio padre propose di mettere a coltura l’ultima fascia di collina ancora gerbida: o trent’anni fa, quando da un giorno all’altro decisi di recuperare il cascinotto semidiroccato e di trasformarlo nel Capanno. Sarà un lavoraccio, perché significherà disseppellire dalle stratificazioni della memoria pagine ormai ingiallite e altre totalmente dimenticate: ma si può fare, e alla fine, nel deserto di prospettive attuale, può riuscire anche rinfrescante.

Intanto posso cominciare a divertirmi con la mappa, che vorrei semplificare il più possibile. Le linee principali le ho già in mente, le diramazioni si imporranno da sole, i rami secchi li taglierò con una impietosità da ferrovie dello stato.

Naturalmente si tratta di un piano quinquennale. Quindi chi si aspetta di trovare le mappa già in calce a queste righe può mettersi il cuore in pace. Ho davanti il tempo di un’intera legislatura, come dice la Meloni: sempre che un qualche Salvini ultraterreno non rimescoli le carte.

Hisilicon Balong
La mappa de L’isola del Tesoro disegnata da Robert Louis Stevenson