Tsundoku – Breve Respiro

di Vittorio Righini, 1° settembre 2025

Tsundoku, in giapponese, più o meno significa: l’abitudine di accumulare libri con l’idea di leggerli in futuro. Esiste un’ossessione corrispondente, e più accentuata, che è quella di accumulare i vinili. Componenti fondamentali per i libri, e ancor più per i dischi in vinile, sono: a) l’edizione b) le condizioni c) la copertina. Ma con i libri conta anche la qualità e l’odore della carta.

Il contenuto è il più delle volte già noto nei vinili, è quindi un dato scontato, non si compra un vinile raro se sappiamo che il contenuto non è nelle nostre corde; più casuale il libro.

Ma qui arrivano le differenze: su un mercatino si trovano libri a 1, 2 o 3 euro, che comprati al tempo della loro pubblicazione sarebbero costati 10 o più migliaia di lire, o decine di euro. Il mercato è quello dello sgombero, lo dico in senso oggettivo, si fanno magnifici affari (ieri, mercatino di Acqui, trovato Napoli ‘44 della Adelphi, di Norman Lewis, a 2 euro … Signori, di cosa stiamo scrivendo!? Al banco di fronte mio figlio compra il vinile L’Indiano di De Andrè, copertina buona, vinile discreto, a 30 euro e il tipo sembra gli faccia un regalo).

I vinili sono già finiti in mano ai commercianti; conosco persone che, smesso il loro lavoro abituale, lo fanno di professione.

Baristi modesti, messi comunali in pensione, saltimbanchi d’ogni genere e forma che di musica hanno sempre saputo e capito poco o niente, e che oggi si ritrovano alle fiere del vinile e pontificano, convinti di avere di fronte a loro degli ignari, da imbonire con stronzate micidiali. Quando li incontro, faccio un sorriso e passo oltre, a favore di vecchi malati di musica, che vendono per campare ma sanno cosa propongono. Certo, i vinili sono più rari dei libri, ma c’è un limite a tutto.

Invece nel mondo dei libri l’offerta è tale che è difficile da valutare. Io spesso compro senza conoscere quel libro … sì, ma a 1 euro, 2 o 3. Non a 30/40/50 come ti chiedono per un vinile. Ne sto facendo una questione di vil denaro? anche.

Compulsivo, un termine di moda oggi; chi si compra una valanga di libri ad ogni mercatino spenderà poche decine di euro, ma a meno che non sia Matusalemme avrà ben poche possibilità di leggerli tutti. Però il piacere di possederli (e la gioia dell’Ikea che vende migliaia di librerie Billy, pur incocciando a volte con la pazienza delle mogli) è impagabile.

Un compulsivo del vinile deve avere un reddito notevole per paragonarsi a un compulsivo del libro (del libro normale per intenderci, non certo il collezionista di libri antichi e rari, quello vive su di un altro pianeta).

E la pigrizia dove la mettiamo? io non sono definibile “esagerato” per la quantità di libri che possiedo (vinili ne avrò 1500, ma li compro dal 1970, mentre i libri sono tantissimi, ma in parte per averli ereditati dai genitori, lettori accaniti, e in parte acquisiti negli ultimi 30 anni), eppure ho 7/8 librerie piene. Ho provato a tenerli in ordine, ma ormai i libri non letti sono in parte finiti in mezzo a quelli da leggere, c’è un certo caos, complicato da gestire in fase di ricerca.

L’altra sera prendo in mano Un sorriso nell’occhio della mente di Lawrence Durrell; il racconto narra di un conoscente cinese di Durrell che gli prospetta la filosofia Tao, e lo inizio con entusiasmo, per rendermi conto dopo le prime pagine che l’ho già letto e che mi era pure piaciuto … beh, che c’è di male? niente, basterebbe solo essere più ordinati, ma chi se ne fotte.

Tsundoku, termine nato nell’era Meiji (1868-1912), per la verità ha un significato più sottile di quello che ho indicato all’inizio: significa accumulare libri in casa senza sapere se mai li leggeremo, e questa interpretazione ci apre la mente ad altre e ben più curiose riflessioni. C’è chi ritiene che si tratti di una forma di dipendenza (ecco l’acquisizione compulsiva di cui scrivevo prima), chi ritiene invece che si tratti di una forma di umiltà, avere tanti libri per migliorare se stessi. Io ne propongo una terza, una via di mezzo: una insaziabile curiosità che spinge ad accumularli, i libri.

Leggo, in un articolo sul web, che l’altra parte della barricata è quella che dice che avere troppi libri in casa genera ansia, nella convinzione della brevità della vita, per la nostra incapacità di leggerli tutti, quindi per la nostra mancanza di tempo. No, non sono d’accordo; ottimista di natura, vedo l’accumulo dei libri in casa mia come Paperon de Paperoni vede il mucchio di monete nel suo mega salvadanaio a forma cubica (impresto i libri, non ho problemi, ma li timbro con l’ex-libris e sparo con un fucile a canne mozze a chi non me li rende, perché sono uno di buon cuore e non voglio far soffrire).

Sempre nello stesso articolo, leggo che lo psicologo, nel caso, consiglia di farsi un sacco di domande prima di comprare l’ennesimo libro, e rispettare regole come l’ordine, l’elencazione, la motivazione, la registrazione di ogni acquisto … no, no grazie. Mi perderei tutto il meglio, che razza di Tsundoku sarei?

Ps: esiste un libro che si chiama: Tsundoku. L’arte giapponese di accumulare libri, Raito Taiki, editore Giunti 2025, ma non ho la più pallida idea se ne valga la pena. A me basta andare due o tre volte l’anno da Paolo Repetto, a Lerma, dove il mistero viene svelato in tutta la sua pienezza.

Pps: cosa c’entra Breve Respiro? più di venti anni addietro, in occasione di una sosta nel Comune di Zogno (BG), mi invitarono a pranzo in una vecchia trattoria proprio sotto i monti, con a fianco un ponticello in pietra che scavalcava un minuscolo torrente, per poi inoltrarsi in una ripidissima mulattiera. I montanari, nel passato, si fermavano a bere un bicchiere o mangiare un piatto di casoncelli caldi prima di affrontare la salita, cioè prendevano un breve respiro. È quello che propongo anche io con la lettura di queste due semplici paginette: purtroppo mi mancano casoncelli e vino. Come dire: dopo aver letto dedicatevi a cose più serie.