di Maurizio Castellaro, 6 settembre 2025
Le “ariette” che postiamo dovrebbero essere, negli intenti del loro estensore, «un contrappunto leggero e ironico alle corpose riflessioni pubblicate di solito sul sito. Un modo per dare un piccolo contributo “laterale” al discorso». (n.d.r).
Per lavoro mi rapporto quasi quotidianamente con il sistema regionale e con i suoi enti strumentali. Per sopravvivere ad anni di dolorose cornate contro i muri della burocrazia mi sono adattato in una prima fase ad un approccio Zen, mentre attualmente ricorro come contro veleno a dosi massicce di autoironia. Le righe seguenti rientrano quindi nel quadro di questa autoterapia.

Recentemente mi è capitato di telefonare ad un ente di supporto regionale per risolvere il problema X. Rispondendo alla voce registrata digito il tasto 2 ed espongo la questione ad una gentile operatrice, che inizialmente prende appunti, ma poi mi informa di non essere l’ufficio giusto: “torni al centralino e digiti il tasto 4”. Eseguo, e al tasto 4 mi risponde la stessa operatrice di prima, che questa volta risolve il problema senza fare una piega. Lo riscrivo. Mi risponde la stessa operatrice al tasto 2 e al tasto 4. Al tasto 2 non poteva aiutarmi, al tasto 4 invece sì.
La storiella paradossale ha un retrogusto di tristezza, perché per l’operatrice la situazione era normale, mentre per me non lo era affatto. Ma ho fatto finta che lo fosse, per portare a casa il risultato.

Ripensandoci, questa è una perfetta metafora della ragion burocratica che stritola le nostre vite in reti formali svuotate di senso e di umanità, rigide procedure perfette per essere consegnate a intelligenze non senzienti (sono già in mezzo a noi). Ripensandoci, per rimanere umano avrei dovuto almeno ridere in faccia all’operatrice. Ma non l’ho fatto, forse ho anche ringraziato. E ripensandoci ancora meglio, questa non è per niente un’arietta. Anche l’autoironia trova i suoi limiti, in questo sanguinoso inizio di settembre.





